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Macellai

Regia di Andy Milligan vedi scheda film

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La recensione su Macellai

di moonlightrosso
3 stelle

Un "grindhouse" duro e puro di un regista che ha conteso con Ed Wood la palma del peggior regista del mondo, non del tutto privo d'interesse!

Film facente parte del cosiddetto periodo “inglese” di Andy Milligan, regista che a lungo ha conteso con gente come Ed Wood e Ray Dennis Steckler la palma del peggior regista del mondo.

Realizzato in un’epoca in cui il nostro visse effettivamente in Inghilterra, “Macellai” si ispira a una leggenda nera londinese, che diede vita a un romanzo di grande successo del XIX secolo, incentrata sulle vicende di Sweeney Todd (personaggio pare realmente esistito anche se con nome diverso), un barbiere assassino ma anche playboy in quanto impegnato in relazioni extraconiugali con svariate donne del circondario. Dopo aver fatto a pezzi sia malcapitati clienti per impossessarsi di denaro, gioielli e averi di sorta, sia amanti ormai divenute troppo ingombranti e fastidiose, consegna i cadaveri alla pasticcera Maggie, con la quale intrattiene un sodalizio sia d’affari che amoroso. Servendosi del suo diabolico assistente, l’altrettanto diabolica e segaligna bottegaia realizza, oltre a pane e dolci, anche apprezzatissimi pasticci e pizze ripiene di carne, ovviamente umana. Dopo un primo periodo di floridi affari, le sparizioni fanno aumentare i sospetti sulla donna, anche perchè nei pasticci di carne si rinvengono seni e intere ciocche di capelli.

Ambientato in un improbabile Londra “vittoriana” dove non si ha cura di nascondere le insegne “no-parking” e con inquadrature talmente sbilenche e traballanti da far seriamente sospettare che l’operatore si sia dimenticato di spegnere la macchina da presa, Milligan realizza un grindhouse duro e puro caratterizzato da ambientazioni poverissime, quasi tutte in interni e costumi d’epoca indegni della più scalcinata fiera paesana, realizzati e cuciti dallo stesso regista. A ciò aggiungiamo trame e sottotrame che si perdono nel più totale marasma; personaggi che appaiono e scompaiono senza una logica ben precisa; montaggio con raccordi temporali incongrui e sbagliati.

Un copione malamente raffazzonato in cui Milligan, totalmente incurante dell’ABC della sintassi narrativa, decide di concentrarsi su un sensazionalismo quasi artaudiano fatto di lunghi amplessi, ripresi quasi tutti dalla cintola in su ed effetti splatter ultradilettanteschi con grande abbondanza di sangue, teste e arti mozzati visibilmente di plastica.

Sul versante interpretativo, la scalcinatissima produzione di William Mishkin, a lungo sodale del regista, affida il personaggio di Sweeney Todd al generico di quarta fascia John Miranda, unico ad aver avuto qualche esperienza attoriale da professionista. Gli altri interpreti, se non vengono reclutati dal più recondito ed emarginato sottobosco cinematografico, provengono dalla schiera di amici e conoscenti del regista, il tutto sotto l’egida del più assoluto risparmio.

Ciononostante, sono proprio questi ultimi a conferire alla pellicola un fascino perverso e malsano. Pur nel suo dilettantismo, Milligan disegna con efficacia quell’esercito di miserabili appartenenti alla “poor class” che popolava l’Inghilterra del XIX secolo: le acide comari; l’impresario teatrale avido e prosaico; la brevilinea, pingue e al contempo procace soubrette strappata alla prostituzione da strada; le giovani e meno giovani affamate di sesso. Personaggi tutti che con il loro linguaggio sguaiato e sboccato trasudano e incarnano quella sporcizia e quell’ignoranza che dominavano i bassifondi della capitale britannica.

Comunque e al di là di tutto il film rimane, ad avviso di chi scrive, uno dei meno personali del regista. Milligan, per esigenze commerciali, dovette rinunciare a trasporre sullo schermo quelle ossessioni cagionate dai traumi della sua infanzia vissuti in un contesto familiare difficile e che segnarono inevitabilmente la sua poetica e il suo modo di fare e intendere il cinema.

Costretto come al solito a budget miserrimi, la pellicola si inserisce infatti in una breve serie di horror particolarmente truci (il più famoso rimane “L’invasione degli ultratopi” (1971)) che ben si adattavano a quelle “maratone” organizzate dalle sale di terza o quarta visione per platee di poche pretese e alla ricerca di forti emozioni che andavano dalla prima proiezione mattutina sino all’ultima serale.

Additato a pubblico ludibrio dal cinema che conta, la vicenda di Sweeney Todd ha generato nove anni più tardi un musical di grande successo e nel 2007 un sontuoso remake di Tim Burton con Johnny Depp interprete principale. Un film ad alto budget e dagli incassi milionari ma che non può non rivolgere un doveroso ringraziamento all’archetipo dello scalcagnato cineasta, scomparso ormai da anni.

Mai circolato nelle nostre sale e probabilmente bloccato in censura, è oggi reperibile in ottimo dvd anche con doppiaggio in italiano. Gli adoratori del weird, del trash e dei “very strange movies” avranno dunque pane per i loro denti.

 
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