Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film
Die My Love, di Lynne Ramsay, osserva la discesa negli inferi della depressione e della follia da parte del personaggio splendidamente interpretato da una Jennifer Lawrence conturbante, selvaggia e spaventosa.
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Un'inquadratura fissa e ampia mostra gli interni di una casa di campagna abbandonata, disordinata e sporca. Fuori campo, sul punto di entrare, si ascolta Jackson raccontare di come questa casa, che fu dello zio, gli accenda ricordi d'infanzia: non è New York, ma ora è tutta sua e di Grace, che è lì con lui e che potrebbe trarne ispirazione per scrivere il suo 'grande romanzo americano'. Esaurita questa chiacchierata introduttiva, un pezzo punk scatenato (Zero, scritto e cantato dalla stessa regista, Lynne Ramsay) fa da contrappunto a un excursus di un paio di minuti sul primo anno trascorso lì dentro dalla coppia, passato - sembrerebbe - a far null'altro che scopare in tutte le posizioni, salvo poi ritrovarsi con un pargolo da accudire.
Mentre il piccolo gattona in casa perché è il tempo suo, lei lo fa per i campi (ma con un coltello di cucina in mano) per apparire ancora sensuale (e minacciosa) agli occhi di lui, che in tutta risposta se ne sta sulla veranda, oppure traffica con un cannocchiale presumibilmente ereditato dall'avo defunto. Mentre l'attrazione, da parte di lui, inizia a scemare, in lei sono sempre più frequenti comportamenti che ne denotato un'instabilità pericolosamente marcata.
Die My Love, di Lynne Ramsay, osserva la discesa negli inferi della depressione e della follia da parte del personaggio splendidamente interpretato da una Jennifer Lawrence conturbante, selvaggia e spaventosa. E se sotto questo profilo il film è inquietante, oltre che visivamente potente e formalmente avvolgente, oltretutto arricchito dalla presenza dei veterani Sissy Spacek e Nick Nolte in due ottimi ruoli (rispettivamente la madre ed il padre di lui), a non convincere fino in fondo sono la caratterizzazione e le scelte affidate al coprotagonista del flemmatico Robert Pattinson, il quale, se da un lato inizia legittimamente a prolungare le proprie assenze perché oltre a dover lavorare sente probabilmente il bisogno di allontanarsi il più possibile da un'insopportabile invasata, dall'altro è portato a far cose che trovano come unico senso la necessità per gli sceneggiatori di trovare un espediente che dia una svolta alla sceneggiatura (a che scopo, altrimenti, comprare dal nulla un cane a una donna che non lo ha mai chiesto e che è già in chiara difficoltà con un cucciolo d'uomo?).
Un discorso a parte merita la clamorosa colonna sonora rock, che va dai Cream a Billie Holiday, da David Bowie a Elvis Presley, con la regista che, oltre al brano iniziale già citato, si riserva di mettere la propria voce anche su una cover di Love Will Tear Us Apart dei Joy Division, piazzata sui titoli di coda.
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