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A House of Dynamite

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su A House of Dynamite

di obyone
8 stelle

 

Rebecca Ferguson

A House of Dynamite (2025): Rebecca Ferguson

 

Venezia 82. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

Dopo la metà di un festival non è raro che mi assalga il desiderio di una commedia leggera ma brillante, un racconto intrigante che infonda un po’ di buon umore. Quest’anno, contrariamente a quanto mi succede di solito, girata la boa della prima settimana, sentivo il desiderio di qualcosa di elettrizzante. Commedie pazze, anarchiche e grottesche ne avevo viste un po’. Mai così numerose, va detto. Dunque non potevo che apprezzare quel titolo imbottito di cortisolo, “A House of Dynamite”, programmato il lunedì, alle otto e trenta del mattino. Un picco vertiginoso di adrenalina ed un inizio scoppiettante di settimana mi attendevano. Bombe, inseguimenti, sparatorie e botte da orbi, insomma. Tutto nella miglior tradizione cinematografica rivolta al genere maschile. Dietro la macchina da presa, del resto, si celava Kathryn Bigelow, regista attratta da generi cinematografici più vicini al gusto maschile che a quello femminile. Non mi aspettavo, per la verità, nulla di ché sotto il profilo artistico. I “contenuti” Netflix in concorso, nei giorni precedenti, mi avevano lasciato moderatamente soddisfatto (“Frankenstein”), se non addirittura contrariato (“Jay Kelly”). Dal terzo mi auspicavo, dunque, la tensione che i thriller riescono a far scorrere lungo lo schienale della poltrona. Niente di più. Anzi, temevo la classica boiata americana farcita di propaganda militare e muscoli.

 

Tracy Letts, Gbenga Akinnagbe

A House of Dynamite (2025): Tracy Letts, Gbenga Akinnagbe

 

Il film di Kathryn Bigelow è un missile balistico che trasporta un ordigno carico di tensioni ed angosce. Un puntino luminoso che si avvicina al bersaglio alzando l’asticella dell’orrore. Sotto questo profilo le mie attese sono state gratificate, correndo la tensione lungo lo schienale della poltrona e, pure, lungo i braccioli. Le bombe, tuttavia, non si vedono. Lampeggiano su uno schermo. Non si sentono deflagrazioni ma le urla stizzite dei militari al mancato impatto dei due “proiettili”.

Il film è girato in interni per quasi la totalità delle due ore di proiezione, e tra le sale della Casa Bianca, del Pentagono e dei vari uffici governativi non ci sono inseguimenti e botte da orbi. Gli unici spari sono quelli finti di una ricostruzione storica che ricorda quanto gli americani siano orgogliosi dei propri armamenti e delle proprie vittorie.

La fine imminente, invece, riversa, come una generosa cornucopia, la paura e le vertigini tanto attese sin dai titoli iniziali. Credo che Bigelow si sia divertita a farci immaginare una cosa e portarne sullo schermo un’altra, ben più seria. E forse s’è divertita a mettere in imbarazzo lo spettatore perché il tema del suo nuovo thriller non ha bisogno di trionfalismi sterili ed esibizionismo di armi e ordigni nucleari. Il missile in volo pone il potere davanti ad una serie di interrogativi sui quali non c’è tempo di riflettere adeguatamente. Porta all’interno del suo affusolato corpo di metallo questioni riguardanti milioni di vite umane. Come è facile intuire, gli aspetti analizzati dal film sono morali e pragmatici e benché il genere si basi sulla suspence, i dilemmi etici richiedono serietà ed applicazione.

 

Gabriel Basso

A House of Dynamite (2025): Gabriel Basso

 

Bigelow divide il suo giocattolino in tre parti, per ognuna di esse si concentra su alcuni luoghi ed alcuni personaggi raccontando la stessa storia da altrettanti e diversi punti di vista. Spiccano senz’altro le figure del presidente, del segretario di stato e del capitano Walker. Gli ambienti sono chiusi, i ranghi compatti, le luci per lo più artificiali. La tensione si taglia col coltello anche se lo stupore è di gran lunga la sensazione più evidente. Chi può aver lanciato quel coso dal Pacifico? Perché nessuno rivendica l’azione? Che fare in risposta a questo atto di belligeranza? Due le opzioni: la resa o il suicidio. Perché attaccare un qualsiasi stato “canaglia” come rappresaglia deterrente può solo significare una cosa: l’apocalisse.

Viviamo in una “casa” foderata di dinamite e non ne siamo indignati, tanto meno preoccupati. Anzi, ci culliamo nella sensazione di protezione che le armi suscitano. Bigelow, tuttavia, ci invita a pensare a cosa succederebbe se un solo candelotto di dinamite scoppiasse all’interno del muro. La risposta è scontata ma le azioni dei nostri governanti non sembrano averne alcuna evidenza. Si accumulano armi e si spera che nessuno clicchi il pulsante sbagliato.

Film politicamente “a-politico” e straordinariamente maturo. Dannatamente attuale, purtroppo. Colonna sonora ottimamente asservita allo scopo e direzione imbeccabile per un film che, a mio avviso, meritava più di quanto raccolto, ovvero nulla.

 

Anthony Ramos

A House of Dynamite (2025): Anthony Ramos

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