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A mia madre piacciono le donne

Regia di Daniela Fejerman, Inés París vedi scheda film

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La recensione su A mia madre piacciono le donne

di Rosebud77
6 stelle

Straordinario paese, la Spagna. Libera e in fermento, aperta e colorata. Tanto da poter accettare che una divorziata madre di mezza età si invaghisca di una lesbica che potrebbe essere sua figlia con la stessa facilità e leggerezza con cui si leggono i gossip sui giornali. L’Europa, se non altro al cinema, è parecchio avanti in tema di diritti dei gay. Eppure A mia madre piacciono le donne non è una “commedia gaya”, ma una commedia e basta. Con tanto di equivoci, nevrosi, gag in cerca dello spudorato che se da un lato non arricchiscono il film di intrecci narrativi rilevanti, dall’altro gli donano quel senso della misura che il tono del “carino” deve sempre possedere per non sfociare nel ridicolo. Allen, di cui alcuni hanno parlato, è francamente lontano, seppur preso a modello; e ci voleva forse il “patron” Almodovar a scompaginare un po’ le carte di un film come questo, in cui tutto potrebbe accadere quando l’inattesa notizia del “cambio di rotta sessuale” di una madre viene appreso da tre impertinenti e diversissime figlie disposte a tutto pur di far naufragare lo strano menàge, e in cui tutto puntualmente non accade, trascinandoci verso un ovvio finale accomodante, conciliatorio, da famiglia ”allargata e felice”.
Più coraggio avrebbero dovuto metterci le due registe-sceneggiatrici, Ines Paris e Daniela Fejerman, qui al loro primo lungometraggio. Adeguato e contagioso è invece l’entuasiasmo frizzante ed ormonico di tutto il cast tra cui (nella parte della figlia Elvira, ventenne in crisi con se stessa) spicca un’attrice da tenere d’occhio, Leonor Watling, già ragazza in coma in Parla con lei e prossimamente ne La mala educacion, corrosiva parabola sui rapporti tra Chiesa e pedofilia sempre del buon (si fa per dire) Pedro. Prima che il cerchio della tolleranza si quadri, è attorno a lei che ruota tutta la vicenda. Una scelta epicentrica che penalizza la messa a fuoco delle altre donne del cast, madre con fidanzata cecoslovacca in primis, che avrebbero meritato un’attenzione maggiore. Ma il tono generale è accattivante, il femminismo non è d’accatto, e le due autrici, reduci da premi e incassi record in patria, paiono a proprio agio con il loro script. Sembra già di vederle piacevolmente ebbre nella movida madrilena sparlicchiare di uomini (ma non sono una coppia, ci teniamo a precisarlo) e pensare al loro prossimo lavoro. Speriamo un poco più graffiante.
Francesco de Belvis

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