Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
“Run
Rabbit, run
Rabbit, run
Come over and tell me
I’m a faithful serviette
Come and over and help me
Pay my debts”
Cosi dicono gli iIdles nella colonna sonora di questo divertente, intelligente ed interessante film di Darren Aronofsky.
Torneremo sugli Idles ma prima una premessa. Il film, a primo impatto, può sembrare distante dai drammi che il regista ha diretto negli anni e che, con il suo stile provocatore, hanno creato delle “fazioni” tra il pubblico. Invece il nostro protagonista è il tipico eroe del regista di NYC, vive un grande rimorso che gli ha cambiato la vita e deve affrontarlo, allo stesso modo dei protagonisti di “The Wrestler” e di “The Whale”, entrambi con tante ferite e rimorsi ma soprattutto patendo il rapporto non vissuto con le loro figlie.
La trama in breve:
Hank Thompson è un ex giocatore di baseball sull’orlo di una crisi di nervi, che tenta di rimanere a galla nella spietata New York degli anni 90. Suo malgrado, però, si ritrova inconsapevolmente coinvolto negli affari del sottobosco criminale della città ed è costretto a lottare selvaggiamente per sopravvivere.
Siamo precisamente nel ’98 e questo non è un dato casuale, il regista, aiutato dallo sceneggiatore nonché autore del libro da cui è tratto il film, può parlare di quella New York così distante da quella attuale e che presentava già molti segni di gentrificazione.
I dialoghi da Hank e la poliziotta in questo sono illuminanti, ma il regista riempie il film di quell’atmosfera, anche perché il 1998 è l’anno in cui il nostro ha esordito, come a voler ragionare su parte del suo cinema con il suo film più divertito, divertente e mai banale.
La scelta di far fare la colonna sonora agli Idles, gruppo di Bristol, è molto interessante perché con il loro post-punk possono richiamare ancora più riferimenti; per questo gli anni’80 che sono ovviamente citati ed omaggiati (“Fuori Orario” su tutti) nello stile film e dalle dinamiche diegetiche. Divertentissimo il momento in cui il protagonista spegne la musica nella macchina del vicino di casa tornato in città (proprio da lui dipende l’inizio dell’incubo di Hank) e Russ dice: “ma no non puoi spegnere gli Idles” che nel ’98 non potevano certo suonare.
E gli Idles sviluppano anche un piccolo aspetto del film, ovvero il rapporto tra Russ e Hank e quindi tra lo humor inglese e l’attitudine americana che spesso è analizzata ad Hollywood (vedi il recente “I Roses”).
Hank nel film, come il coniglio della canzone, corre e corre all’impazzata perché lo picchiano, finisce in ospedale, lo prendono in giro; entra ed esce dalle case, dai locali, dai negozi, è tutto inseguimento come nei capolavori degli anni ’80 (a proposito degli anni ’80 c’è Griffin Dunne in un bel ruolo)
Ma uno dei pregi del film è la sua corporeità (ecco dove si inserisce ancora il regista), perché le botte sono vere; con pugni, bottiglie di vetro usate come armi ma ovviamente non mancano le armi: si spara, esplodono granate, c’è una fisicità non usuale ai nostri giorni, la sessualità iniziale è reale. Il protagonista beve, vomita, pulisce il cesso intasato, rimesta nella lettiera del gatto-Questi atti riescono a dare forza al film.
Da una parte si cita e si omaggia, dall’altra si riflette sul proprio cinema, sui personaggi e i loro corpi che il regista ha trattato con le loro ferite, ma anche su un paese che cambia mostrando la città come non si vede spesso (c’è un qualcosa anche di “Anora”, oltre ovviamente ai Coen), e tra i momenti cult c’è anche l’approdo alla ruota panoramica.
Butler è un bravo protagonista, ormai un attore affidabile, che interpreta un ex atleta dal sogno infranto, ma non solo, è un uomo che per
errore ha ucciso il suo migliore amico; e questo pensiero e questo incubo torna e ritorna nel film a segnare la corsa del nostro. L’Incubo, in cui lo mette il vicino, riaccende il rimorso perché sembra porre le persone vicino a lui in pericolo e lui sembra inerme, prende botte ma gli altri intanto muoiono.
Il personaggio come il film si espande piano piano, si racconta, cresce e non c’è catarsi assolutamente, però c’è uno sbocco finale, c’è una piccola rivalsa con sé stesso e con questo circo folle in cui il protagonista è stato proiettato.
Insomma un film pieno di rock, pieno di vita, di fisicità, ma non così distante dalle evoluzioni dell’anima che tanto spazio occupano nel cinema del regista. Un film se vogliamo meno pretenzioso ma non meno interessante del suo ultimo.
Il mix finale è evidentemente da commedia pulp, che ormai non si fanno più e non così soprattutto, ci sono russi scambiati per ucraini, c’è un ispanico, ci sono i due fratelli ebrei, la poliziotta afroamericana ma il regista gestisce tutto molto bene anche grazie ai dialoghi che son ben scritti e hanno un gran ritmo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta