Regia di Urska Djukic vedi scheda film
È un vero romanzo di formazione, un coming age nel senso più stretto, riguardante non solo l’affacciarsi nella vita extradomestica della sedicenne Lucia ma anche il primo approccio con la sessualità e con la compagnia di ragazze cresciute prima e con qualche, troppo vantata, esperienza in quel campo. Voto 6,5
Presentato alla Berlinale 2025 con il titolo internazionale Little Trouble Girls, il film diretto da Urška Djuki tratta di un dramma sul risveglio sessuale di un’adolescente introversa durante un fine settimana di prove con il coro della sua scuola nel monastero di Santa Maria in Valle di Cividale del Friuli. La coproduzione europea tra alcune nazioni confinanti è l’ennesima bella novità proveniente dalle giovani generazioni dei Balcani che si affacciano a dirigere un’opera cinematografica: questa, infatti, rappresenta il primo lungometraggio della regista.
La ragazza del coro (2025): Mina Svajger, Jara Sofija Ostan, Popovic Stasa
È un vero romanzo di formazione, un coming age nel senso più stretto, riguardante non solo l’affacciarsi nella vita extradomestica della sedicenne Lucia ma anche il primo approccio con la sessualità e con la compagnia di ragazze cresciute prima e con qualche, troppo vantata, esperienza in quel campo. A maggior ragione perché lei è la più timida e la più introversa della comitiva dove si vede catapultata, per giunta per prove fuori sede. Questa sua discrezione, complicata dall’evidente impaccio che prova, è anche causata dalla scarsa abitudine a parlare di argomenti sessuali con le altre, oltre che essere l’unica che ancora non ha avuto le prime mestruazioni o che non ha mai baciato un ragazzo, e non risponde alle provocatorie domande del gioco della verità: ti sei mai masturbata?
Lei non è abituata a questo tipo di discorsi e alla sfrontatezza che invece hanno le altre, a cominciare dalla sfacciata Ana-Maria che si presenta alle prime prove già col rossetto, ben pettinata e col sorriso spavaldo che la dice lunga. L’amicizia tra loro due si origina dalla disposizione delle ragazze nelle file predisposte dal direttore del coro, per cui si ritrovano affiancate e, mentre Lucia si guarda intorno intimorita, l’altra già le si rivolge con padronanza e con fare accattivante, il che non fa altro che chiudere la ragazza nella difesa.
La civettuola studentessa più grande e più indiscreta la aggancia subito e la travolge con l’amicizia mai richiesta, sebbene ciò faccia piacere a Lucia che così ha modo di rompere il ghiaccio e ambientarsi più facilmente, ma già il primo episodio la mette in difficoltà. Accade infatti che lei accetta di farsi truccare con il rossetto, con i conseguenti rimbrotti della madre che è andata a prenderla dalla scuola. In pochi minuti la regista ci ha introdotti in maniera esauriente nel suo piccolo mondo, delimitato dalle scarse conoscenze della vita e dalla severità della madre che la controlla strettamente, pena non concederle la vacanza promessa.
La ragazza del coro (2025): Jara Sofija Ostan, Mina Svajger
Durante il ritiro del fine settimana programmato in un remoto convento di campagna a Cividale per delle prove intensive, la curiosa attrazione di Lucia per un muratore che lì lavora inizia a mettere a dura prova il suo legame con Ana-Maria e il resto del coro. In più si aggiungono le pressanti provocazioni dell’amica che la stimola sul comportamento disinibito, sulle esperienze già vissute, sul modo di baciare. Fino persino al momento in cui le due si baciano un po’ per divertimento e prova, un po’ per uno strano attimo di fibrillazione ormonale. È proprio Lucia quella che avverte una anomala attrazione verso l’altra, ma quando lo ammette al maestro del coro, che notava la mancanza di concentrazione nelle prove, racconta la versione opposta, che cioè è Ana-Maria che si è innamorata di lei. È chiaramente un momento non facile per la giovane, che deve ancora capire cosa le stia succedendo, ma soprattutto il motivo per cui, per curiosità e interesse, si accorge di sentirsi affascinata dall’operaio che scopre nudo nell’acqua del fiume dove anche le ragazze trascorrono il tempo libero.
Ora, in quel convento e in quella situazione, in un ambiente sconosciuto e nei fermenti della sessualità che sboccia, Lucia si ritrova a mettere in discussione le sue convinzioni e i suoi valori, anche di fede, che fino ad allora erano più che altro basati sull’abitudine e sull’educazione ricevuta in un ambiente familiare modesto. Ora, invece, man mano che emergono, questi nuovi desideri minacciano di sconvolgere non solo le sue relazioni, ma anche l’armonia del coro. Se prima le altre della cerchia ristretta di Ana-Maria parevano sue amiche (come al solito, chi domina il gruppo ha solo un numero ristretto di fedelissime, che tra l’altro devono essere sottomesse ai suoi voleri), ora la evitano e la prendono in giro. Il nuovo contesto non fa altro che peggiorare il suo isolamento mentale: cacciata dal coro per pessimo rendimento e mancanza di concentrazione in una scenata molto imbarazzante, vaga piangendo per la cittadina, si affaccia sul Ponte del Diavolo sul fiume (cosa sta pensando di fare?), si avventura nel cunicolo roccioso e illuminato che la conduce alla grotta di San Giovanni d’Antro dove delle suore cantano anch’esse in coro ed infine la ritroviamo (una volta tornata pacificamente e serena a casa) in pattini a mangiare uva seduta su una panchina. È finalmente rilassata e libera psicologicamente. Pronta per la vita? Forse sì.
La ragazza del coro (2025): Jara Sofija Ostan, Mina Svajger
Dopo la dura esperienza, dopo una crescita emotiva che non dimenticherà, dopo aver imparato la lezione su come scegliere le amiche giuste, dopo la prima esperienza di autoerotismo (sarebbe mai servita per sentirsi più sciolta e meno rigida nelle prove?), quindi dopo una serie di episodi che sicuramente le son serviti a crescere e a saper affrontare meglio la vita – ecco il duro e reale processo di formazione – il pubblico ha visto fino a quel momento la narrazione di una adolescente prossima alla maturazione con fatti concreti sebbene incresciosi e antipatici. Il finale che sceglie la regista è una virata inaspettata e quelle sequenze dopo la fuga sono un misto tra l’onirico e la liberazione, che le donano finalmente serenità. In precedenza, tra le varie sequenze, Urška Djuki? inserisce qui e là brevi inquadrature di immagini bucoliche con meravigliosi fiori in piena fioritura e le laboriose api che si insinuano tra i petali fino a sparirvi dentro, alternati alle decine di primi piani del bel viso adolescenziale e illeso di Lucia, sempre con l’espressione meravigliata e attonita di chi osserva il mondo per la prima volta. Simbolismi floreali sensuali di chiara allusione nel momento della scoperta dell’universo del desiderio e del proprio corpo.
La ragazza del coro (2025): Jara Sofija Ostan, Mina Svajger
Un carattere distintivo della regia è ciò che fa accadere fuori campo: sussurri, frasi sottovoce, rumori, insomma tutto succede ma l’obiettivo della cinepresa non si sposta dal primissimo piano del dolce volto di Lucia, talmente vicino che neanche si vede per intero. Anzi, la prima inquadratura è per il solo orecchio, altro segnale registico chiaro che rappresenta il tema dell’ascolto interiore. In un ambiente scolastico rigido, lei non ha voce ma ha orecchie, il suo ascoltare diventa una forma di presenza silenziosa, un modo per assorbire il mondo senza esporsi. Il primo piano sull’orecchio sottolinea questa tensione tra passività e attenzione. Altro momento da osservare è quello del primo orgasmo che quasi la spaventa, e ancora il viso non è inquadrato del tutto soffermandosi la regia solo sul collo. Per il resto, l’attenzione è esclusivamente e per tutta la durata per lei, i suoi capelli spettinati, gli occhi che studiano l’intorno, le labbra appena socchiuse che paiono voler dire qualcosa e che invece restano immobili e silenziose. Perché Lucia sogna spesso a occhi aperti, forse perché vede qualcosa che gli altri non vedono, o perché non sa come vivere ciò che vede. È un’adolescente, è slovena, è cristiana, canta in un coro, ma nonostante tutti questi tratti di cui è consapevole, non sa davvero chi sia. Doveva ancora crescere per capirsi.
Da parte sua, Urška Djuki? riesce a rappresentare la corporeità adolescenziale senza sensazionalismi, in un ambiente che è al tempo stesso sacro e provocatorio perché profano e ciò porta alla meditazione sull’amicizia femminile, la fede e il corpo che si risveglia. Ecco perché la poetica visiva scelta dalla regista si fonda su motivi di primavera, fiori e luce, che simboleggiano il risveglio dei sensi. Il ruolo principale è interpretato dall’attrice dilettante Jara Sofija Ostan che non sembra affatto una esordiente: tiene la scena in modo strabiliante, perché con semplicità, forse anche perché la regista le ha fatto intendere di presentarsi per quella che è nella realtà: semplice, bella, pulita. Un agnello in mezzo alle lupe.
La ragazza del coro (2025): scena
Essendo un esordio, la regista merita fiducia dopo un film in cui si poteva sbagliare parecchio e in cui invece, con la delicatezza usata con arte e buon senso, ha illustrato con sensibilità la crescita mentale e morale di una ragazza in una storia comune che però a lei sarà parsa straordinaria, perché a quell’età tutto può sembrare difficilissimo. La regista voleva essenzialmente raccontare di “una ragazza che si sta lentamente risvegliando”.
Anche la bella festa del cinema di Giffoni ha invitato il film, che penso sarà stato utile ai giovanissimi spettatori del Festival. Film da 6,5, un mezzo voto in più per l’incoraggiamento alla regista e per la bella giovane attrice.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta