Regia di Andrea Di Stefano vedi scheda film
DIOMEDE LI VEDE E… LE CRITICHE DI DIOMEDE917: IL MAESTRO
Come si fa a non amare un film che si apre con “Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale…HAI CAPITO PAPA’ !!!”
Facendoci capire due cose:
Il Maestro non è solamente un film sul Tennis ma è un sassolino grosso come un macigno che viene tolto dalle scarpe;
Nonostante il titolo e il faccione di Pierfrancesco Favino in bella evidenza, il vero protagonista è Felice Milella. Un ragazzino di 13 anni che grazie un numero incredibile di vittorie alle Regionali viene catapultato nel cinico e famigerato mondo dei campionati nazionali in giro per l’Italia con un solo scopo. Vincere tutto, esplodere e sistemare finalmente tutta la famiglia.
La prima parte si focalizza sul rapporto tra Felice e il suo primo allenatore, il padre Pietro. Un ingegnere gestionale della SIP (cosa che insieme al sacchetto colmo di gettoni ci catapulta nei pieni anni ’80) che il Tennis lo ha studiato sui libri e lo ha tradotto e ingegnerizzato su dei quaderni come fossero appunti per l’esame più complicato della vita.
Con i suoi metodi ha robotizzato il figlio e lo ha confinato due passi dietro il fondo campo. Perché il miglior attacco e la difesa. E in una sorta di lotta di classe. Chi si lancia a rete e il ragazzino ricco e viziato che vuole fare lo sborone mentre il vero proletario di questo sport picchia da lontano.
E non è un caso che Felice si ispiri a Ivan Lendl mentre il vero sogno tennistico e politico del padre è il piccolino Michael Chang che è riuscito a battere Ivan il Terribile Lendl.
Proprio per questo motivo decide di ingaggiare un maestro professionista rispondendo alla sua inserzione rimanendo colpito dell’ottavo di finale disputato al foro italico nel CV.
E come nei migliori Buddy Movie all’americana il Maestro di Tennis è Raoul Gatti.
Ex genio e sregolatezza che si ispira al “Poetino” Guillermo Vilas, tennista che la sera faceva bagordi a base di alcool e donne e il giorno declamava tennis sul campo.
Un personaggio schiavo del suo personaggio che invia il suo annuncio di lavoro direttamente dalla clinica psichiatrica dove è ricoverato provandoci telefonicamente con la segretaria.
Un inizio che sembra uscito da un film di John Landis e che comunque prosegue omaggiando quella commedia all’italiana che tanto fece grande il nostro Cinema.
Andrea Di Stefano è bravissimo a raccontarci questa storia che comincia col buio oppressivo degli allenamenti del padre e di quella cucina dove l’unico a dieta ferrea è il “Soldato” Felice.
L’arrivo di Raoul Gatti nella vita del promettente, almeno sulla carta, ragazzo coincide con il sole che accompagna il loro giro d’Italia per i tornei. Il paradosso è quel tour è costellato da sconfitte umilianti al primo turno, cosa a cui Felice non è assolutamente abituato così come non è abituato a quello che la vita offre oltre il Tennis.
Il tredicenne Felice che da buon atleta rifiuta le sue coetanee scopre grazie all’eccentrico maestro la bellezza e la sensualità che si cela dietro a una donna “Vera”. Bellissimo il confronto al letto tra quale immagine rimarrà impressa ai due dopo quella giornata.
Il Maestro di Andrea Di Stefano è l’elogio del perdente contro la vanità e l’ambizione di quei padre-padroni (come quello di Agassi, delle sorelle Williams o Stefi Graff) che posso distruggere la psiche dei propri figli. E lo fa puntando tutto su quella faccia da figlio di buona donna di Pierfrancesco Favino che gigioneggia con la sua interpretazione bipolare come il suo personaggio e soprattutto sul talento di Tiziano Menichelli che sarà il futuro per molti anni del cinema italiano (padre permettendo).
Il Maestro è un buon prodotto medio dove i lati positivi coprono i tanti difetti presenti nel film.
Però quanto è bella l’imperfezione.
Voto 6,5/7, dipende dai momenti.
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