Regia di Andrea Di Stefano vedi scheda film
Il Maestro è un bel racconto dell’estate del 1989 quando l’ex campione di tennis fallito Raoul Gatt’i (Favino) viene ingaggiato per allenare il giovane e promettente tennista Felice, un talentuoso tredicenne, in vista dei tornei nazionali, trovando un inaspettato legame tra il carismatico coach e il ragazzo soffocato dalle attese.
Il film è un inno al fallimento come approdo catartico, ed il vero maestro non è colui che sa, ma chi, nei confronti con altro, è disposto a conoscere e a cambiare. Il Maestro mette in discussione la figura dell'adulto "cialtrone" che non è cresciuto e del giovane "già vecchio", mostrando come entrambi possano salvarsi a vicenda. L'incontro tra maestro e allievo è modo per mostrarci il cambiamento, un'occasione per rompere gli schemi e affrontare le proprie paure.
Il film evidenzia l’importanza di imparare a riconoscere, ad affrontare e a dare spazio alle emozioni, tema che in parte si ricollega anche alla necessità di una educazione sentimentale nelle scuole. Attraverso la cornice del tennis, vengono affrontati temi contemporanei, come la necessità di libertà di espressione e di risvegliare le proprie coscienze.
Andrea Di Stefano, che ha un passato da tennista, dirige con un occhio attento sia agli aspetti tecnici del tennis che alle dinamiche emotive. L'atmosfera è quella malinconica ma speranzosa di fine anni '80, con un'estetica che cattura la bellezza delle coste italiane e la durezza degli allenamenti. Di Stefano si concentra sul rapporto tra i due protagonisti, Felice e Raul, mostrandoci come la figura dell'allenatore, pur fallito, sia cruciale per la crescita umana del giovane, portandolo oltre le aspettative del padre.
Favino non è più il protagonista esplosivo, ma si muove con la stanchezza di chi ha "sbagliato" carriera, mostrando la sua passione per il tennis attraverso gesti precisi ma segnati dalla delusione, come si vede nelle sue lezioni. Il suo sguardo è spesso perso, carico di rimpianto, ma si accende quando insegna. La sua voce, profonda e roca, trasmette la durezza del suo passato e la sincerità del suo nuovo ruolo. Gesti minimi, come la presa della racchetta, la postura sulle spalle, raccontano storie di cadute, rendendo il personaggio tridimensionale, non solo un allenatore, ma un uomo in cerca di redenzione.
Favino è riuscito a creare una chimica perfetta con il giovane talento, e la sua recitazione è reattiva, trasformandosi da brusca a incoraggiante, mostrando il suo attaccamento al ragazzo e al sogno che proietta su di lui. (Favino è il punto di forza del film, è stato davvero bravo)
La sceneggiatura però è troppo didascalica, con dialoghi che spesso spiegano più che mostrare, appesantendo la visione. Il rapporto tra il maestro (Favino) e il suo giovane allievo sembra mancare di una vera profondità emotiva, rendendo difficile empatizzare pienamente con le loro evoluzioni. La commedia è a tratti eccessiva e tride con i momenti drammatici, creando una strana alchimia che non sempre convince e risulta forzata.
Nonostante le buone intenzioni, la storia però segue un percorso classico e prevedibile, senza offrireci grandi sorprese.
Concludendo, Il Maestro usa il tennis come metafora per un viaggio emotivo e umano, dove l'obiettivo non è solo vincere sul campo, ma vincere la propria vita imparando dall'altro e accettando la propria imperfezione. Il film come scritto ha dei difetti, ma nel complesso secondo me è buono.
Il maestro (2025): Pierfrancesco Favino
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