Regia di James Ivory vedi scheda film
Chi ha amato il James Ivory dalle eleganze vittoriane di Camera con vista, Casa Howard e Quel che resta del giorno si astenga. In Le divorce il raffinato regista inglese sceglie Parigi (città che afferma di conoscere molto bene) per raccontarci di un match Francia/Usa attraverso usi, abusi e costumi di due diverse famiglie. Ma sbaglia il tiro e imbastisce un film bifronte: didattico quando vuole classificare le due distanti culture, superficiale quando cerca di tirarne le fila.
Basandosi sull’omonimo best-seller di Diane Johnson, Ivory si affanna a raccontarci dei mille modi in cui i le donne francesi portano i foulard, di come conversino d’alta moda, borsa e profumi uscite da Chanel in Place Vendome, di come gli uomini si acconcino a tombeur de femmes, di che vini amino bere etc., ma trascura completamente il senso del dinamismo che deve possedere una commedia, per quanto acida. Il risultato è un risaputo e stanco deja-vù a spasso per la capitale francese, poco avvincente e parecchio insapore. A farne le spese sono non solo il suo veterano gusto per la finezza introspettiva, ma principalmente due fra le migliori attrici in circolazione, Kate Hudson e Naomi Watts, nella parte di due sorelle americane la prima giunta a Parigi per confortare l’altra del divorzio inaspettatamente chiestole dal bel maritino autoctono. Nel mezzo, alcune “sottotracce” inutili o mancate (un prezioso dipinto da vendere all’asta, una Kelly - la borsetta di Hermes tanto cara alla Principessa Grace - che vola giù come la piuma di Forrest Gump dall’ultimo piano della Torre Eiffel come suggello di una delle sequenze più incredibili del film, la Hudson che si fa la frangetta e compra lingerie firmata per farsi bella agli occhi di un attraente quanto lascivo esponente politico, Thierry Lhermitte) e tanti sprechi, sia nel cast (Glenn Close bizzarra poetessa femminista, Mattehw Modine cornuto assassino) che nei lussuosi arredamenti d’interni.
Le Divorce è un come un soufflè etno-socio-modaiolo che dovrebbe lievitare tra dicerie e sotterranee cattiverie ma che si affloscia subito. Altro che Novelle Cousine… Ci dispiace molto per Ivory, ma il preferirlo tra servitori, nobili e pizzi d’epoca non è segno di disistima: piuttosto, un invito ad interessarsi delle cinema che conosce meglio. E che faceva così bene.
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