Regia di Daniele Vicari vedi scheda film
Ripulirsi dalla merda con altrettanta merda. forse meno merda, ma sempre merda è...
AMMAZZARE STANCA.
Il cinema di genere italiano ritorna a colpire e pure bene con questo film liberamente tratto dall’omonima autobiografia di Antonio Zagari.
Lombardia anni ’70. Antonio Zagari è un sicario dell’‘ndrangheta che compie omicidi su commissione per conto di suo padre Giacomo e della famiglia calabrese del boss Peppino Pesce impegnati nella malavita tra rapine, estorsioni, ricatti e rapimenti nei territori di Lodi, Lecco e Milano. Come copertura lavora come operaio in una fabbrica, guida una modesta fiat 127 e si frequenta con Angela. Avendo dei rapporti sempre meno affettivi col padre, gli omicidi che cominciano a segnarlo, un fratello quasi sul punto di farla grossa e con l’entrata del nuovo business dell’eroina col quale la sua famiglia non vuole averci a che fare, Antonio vedrà gli equilibri sgretolarsi, anche a causa di una polizia sempre più pressante. Dopo un periodo in carcere, una vita familiare con Angela in bilico con quella malavitosa e alcuni omicidi deciderà di porre fine a tutto questo contro suo padre.
Ammazzare stanca (2025): Vinicio Marchioni, Gabriel Montesi
Daniele Vicari, che prima non conoscevo come regista, ha dalla sua una regia bella presentabile. Ciò che colpisce è la fotografia molto concentrata sui gialli e sui rossi caldi tanto da dare sensazioni di atmosfera calabrese nell’entroterra lombardo e di noir urbano, specie con i fari e i lampioni. Scenograficamente è molto accurato tra costumi, arredi, oggetti, mezzi di trasporto e acconciature. Ottime le musiche che vanno dal pop alle canzoni italiane anni ’70 e ’80. Una tecnica registica buona con uso della macchina a mano, movimenti giusti e degli ottimi piani sequenza. Il montaggio riesce a donare il giusto ritmo tra momenti di tensione, nei dialoghi e nei momenti di azione. C’è il giusto sangue e la giusta crudezza senza andare troppo a spettacolarizzare. Un’altra cosa che colpisce è la classica ironia nostrana che però si va’ a ridere a denti stretti considerando il contesto. Senza contare le parlate calabresi e milanesi che donano realismo ai dialoghi. Tra gli attori spiccano un tanto carismatico quanto posato Gabriel Montesi come protagonista, uno splendido Vinicio Marchioni e dalla faccia giusta come Giacomo Zagari, un’ottima Selene Caramazza nel ruolo di Angela, un Andrea Fuorto azzeccato nel fratello Enzo e un sorprendente Rocco Papaleo come Peppino Pesce dove mantiene una flebile ironia, nonostante un personaggio che stinco di santo non è.
Ammazzare stanca (2025): Vinicio Marchioni, Rocco Papaleo
La storia racconta bene il contesto, le usanze e i modi in cui questi malavitosi si erano insediati in Lombardia in quanto rapinavano, estorcevano denaro e uccidevano mantenendo però dei bassi profili con lavori e vite modeste per non dare nell’occhio. Di come il trascorrere del tempo comportava cambiamenti negli ambiti degli affari come l’eroina che andava sempre più a divagarsi e che a livello politico l’’ndrangheta aveva pressappoco campo libero in quanto teneva a bada i manifestanti e gli scioperanti davanti alle fabbriche e alle università in quegli anni. Naturalmente con le varie divisioni e dispute violente tra vari clan e spacciatori. Il tutto con dei personaggi che lottano sia per il potere che nel salire di più nei ranghi, ma più avanti e nel caso di Antonio Zagari per poter disarcionarsene dopo diversi episodi per nulla rosei con un padre sempre più padrone, diffidente nei confronti dei figli, delle rapine andate a male e delle perdite familiari non da poco. E perciò il desiderio di potersi riscattare, di farsi una famiglia e di una vendetta tra celati patteggiamenti, imboscate e altri omicidi porteranno Antonio ad un finale liberatorio e ai posteri avvolto ancora nel mistero come si vede nelle didascalie prima dei credits. Tutto in un noir gangster a volte condito con delle sfumature pulp dove si va’ a tifare per personaggi per nulla retorici e buonisti.
Ammazzare stanca (2025): Selene Caramazza, Gabriel Montesi
Alcuni passaggi nei mesi se non negli anni bisogna dire che dal secondo tempo sono un po’ affrettati, a volte degli effetti visivi di macchina, per quanto voluti per evidenziare uno stato d’animo particolare di Antonio, rischiano di scivolare nel manierismo e di distaccarsi dalla storia e la faccenda della riabilitazione carceraria meritava forse un po’ più di squallore in quanto viene mostrata forse troppo pulita.
Un buon film dallo stile di altri tempi dove si rispolvera il vecchio gangster noir all’italiana.
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