Regia di Giuliano Nicastro vedi scheda film
Nel giugno del 1984 a piazza Maggiore, a Bologna, arrivarono 150mila persone da tutta Italia. Erano lì per festeggiare i vent’anni di carriera di Francesco Guccini, maestrone indiscutibile (ma improvvidamente discusso) della canzone d’autore. E c’era anche la RAI, che affidò allo sconosciuto Giuliano Nicastro il compito di riprendere (al risparmio) quella incredibile kermesse. Quarant’anni dopo quel concerto è stato riesumato e restaurato nel rispetto delle decisioni prese allora: quelle di alternare brani del cantautore modenese a quelli di altri, tra i quali figurano carneadi come Andy J. Forest o performance dimenticabilissime dell’Equipe 84 o di Deborah Kooperman (ma ci sono anche Conte e Dalla), con scorno di canzoni magnifiche che pure furono eseguite quella sera (col taglio di Canzone quasi d’amore dovrebbe scattare l’offesa pubblica). Si trattò di una sorta di “Woodstock padana” senza contorni epici, ma colma di umanità: niente effetti speciali, niente social, nessun filtro. Solo Guccini che, seduto accanto al suo bottiglione di vino bianco, scherza, canta, interagisce e si commuove – e ci commuove. La sua band, impeccabile e senza fronzoli, accompagna con mestiere e calore. I momenti migliori non sono quelli più spettacolari, ma quelli più sinceri: le esitazioni, le battute, le interruzioni per dialogare con il pubblico. L’operazione, nel complesso, ha il mero valore dell’amarcord, all’interno del quale – lasciatemelo dire – a fronte di perle come Autogrill e La locomotiva spicca sopra ogni altra la Maddalena di Pierangelo Bertoli, di struggente bellezza.
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