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Io sono la fine del mondo

Regia di Gennaro Nunziante vedi scheda film

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La recensione su Io sono la fine del mondo

di mimmovelvet
2 stelle

Nessuno si oppone ad Angelo Duro, l'angelo vendicatore di se stesso contro mamma e papà per tutto ciò che non ha avuto da piccolo ("mazzate" comprese, aggiungerei). E se non riesci a ridere delle sue bastardate ai due vecchi di famiglia, forse hai qualcosa che non va. Almeno secondo regista e attore/cosceneggiatore/comontatore.

Un film deve creare un'emozione, di qualsiasi tipo, non importa se negativa o postiva, e l'indifferenza è forse la peggiore delle reazioni alla visione di un film.

Ci si dedica del tempo, sottraendolo ad altro, e quindi quell'investimento si spera venga ripagato. Per non parlare del costo reale per la visione di un film, sia al cinema che a casa.

Ma forse c'è una categoria di film che, personalmente, ritengo sia la peggiore, ovvero quelli che ti procurano "fastidio". Come un granello di cibo incastrato tra i denti, un prurito che non se ne va, il caldo umido e opprimente, e insomma la visione ti diventa insopportabile ma tu non vuoi proprio mollare, perchè il regista così scemo non è, gli incassi al botteghino che il film ha fatto dovranno pur essere stati giustificati da qualcosa, e vuoi quindi vedere per capire, per comprendere cosa ti stia sfuggendo, vuoi sapere il classico "come va a finire".

Nel film di Gennaro Nunziante, sceneggiato insieme al protagonista Angelo Duro (che a quanto pare ha pure partecipato al montaggio), la sensazione di sofferenza, di ingombro esistenziale è stata da me percepita in maniera quasi insopportabile. E una volta giunti alla fine, non c'è stata la cosiddetta "liberazione", perchè il filo rosso del film si è di fatto trasferito nella vita reale, generandomi uno stato di sgradevole "fastidio" (appunto), insopportazione che raramente avevo provato dopo un film. Ma questi possono essere solo fatti miei. Giusto.

Quindi, torniamo dentro il film. Nunziante credeva, forse, di aver trovato una sorta di Checco Zalone 2, meno empatico ma altrettanto dissacrante.

Altrettanto un corno. Le asprezze di Zalone sono accettate dal pubblico spesso con una risata perchè contrastano con la mimica del personaggio, con il suo accento platealmente ed elementarmente terrone, e la sua appare davvero come una satira sociale e anche politica che attiva automaticamente lo spunto del sorriso.

Invece qui Duro sembra essere piombato su un pianeta popolato di soggetti ai quali viene impedita, non si sa perchè, la pur minima reazione o contestazione.

La sua missione personale, farla pagare cara ai genitori anziani e dalla salute preccaria per tutte le angherie e le torture, psicologiche e non, subite da bambino, sarebbe stata accettabile se attorno Nunziante avesse costruito un clima coerente, quindi di tipo drammatico, in cui la vendetta occupava il tema principale della storia. Invece qui il tono è da commedia, le piccole crudeltà imposte alla famiglia Duro dovrebbero generare la risata. E perchè mai? In un contesto sociale malato forse sì, e chissà che non stia qui la risposta al succcesso di pubblico al cinema, perchè forse la gente proprio non vedeva l'ora di condividere in sala l'esperienza di vedere inflitti piccoli dispetti e sofferenze, per di più generati da una presunta e cosiddetta "giusta" rivalsa, per goderne degli effetti con una grassa risata, la più ignorante e incensurabile possibile.

Il protagonista odia tutto e tutti, dispensa crudeltà e dispettucoli a ex fidanzate ed amici, ai clienti ubriachi che dovrebbe accompagnare a casa dopo la sbornia e al parroco che, strumentalmente, accusa di pedofolia su se stesso. L'accumulo di situazioni estremamente cattive e sadiche, senza la minima reazione da parte di chiunque, senza cazzotti nè vaffanculo, priva il film di una qualsiasi accettazione, lo fa diventare solo un luogo temporale (gli infiniti 96 minuti) in cui elencare situazioni sgradevoli senza una pur minima conseguenza se non reale, almeno plausibile.

La commedia nera è davvero un'altra cosa, e se Nunziante e Duro pensavano, chissà, alla crudele e gelida trasposizione di un capolavoro come quello di Monicelli in "Parenti serpenti" per giustificare le cattiverie del protagonista, copiandone e incollandone le sole intenzioni finali avverse ai due anziani genitori, forse non hanno capito che potrebbe forse anche far ridere vedere un/a vecchio/a che cade, ma non se a spingerlo/a a due mani si vede che ci sei tu. O quantomeno per un pubblico pensante, così come dovrebbe essere.

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