Regia di Rebecca Zlotowski vedi scheda film
Thriller psicologico di facciata (dai toni caustici e sempre leggeri) Vie Privée è nel cuore una commedia psicanalitica, un viaggio interiore, una sorta di anti-terapia (in)consapevole cui una fantastica Jodie Foster bilingue presta testardaggine e nevrosi.
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Mentre è nel suo studio, in tarda sera, la psicoterapeuta Lilian (Jodie Foster) riceve una visita da un paziente, il quale la informa di non volerla più vedere, perché arrivato da lei 8 anni addietro con l'obiettivo di togliersi il vizio del fumo ed avendole corrisposto nel tempo 40.000 euro senza cavare un ragno dal buco, è riuscito ad ottenere il risultato grazie a soli 20 minuti di ipnosi spendendone in tutto 50: quindi, arrivederci e grazie. Ingoiato il rospo, riceve via telefono una notizia ancor più ferale: un'altra sua paziente di lungo corso, Paula, che aveva saltato le ultime tre sedute, è morta: dall'altro capo c'è la figlia, che la invita a passare l'indomani per darle l'ultimo saluto. Ma la visita finisce male, con il vedovo che ha un malore e appena la vede la prende a maleparole e la caccia.
Uscita provata anche dalla poco fruttuosa visita al proprio figlio Julien, che gli rinfaccia il disinteresse nei confronti del nipotino di appena due mesi, Lilian inizia a perdere il controllo delle proprie emozioni e a non gestire le lacrime, quindi torna dopo anni a trovare il proprio ex marito Gabriel (Daniel Auteuil), che è oculista, nel suo studio per fare un check-up per capire se ha qualcosa agli occhi; dopo di che prova anche a rintracciare l'ipnotista di cui sopra, che per farla smettere di piangere la precipita in un sogno che la porta a suonare il violoncello insieme a Paula in un'orchestra tedesca negli anni '40. Alcuni dettagli di questa allucinazione, insieme alle informazioni avute dalla figlia, e ad alcune altre che ha registrate e che fanno parte del proprio segreto professionale perché ricevute dalla moritura nel corso delle varie sedute, la inducono a pensare, in maniera sempre più convinta, che Paula, ufficialmente morta suicida, sia in realtà stata uccisa.
Vie Privée di Rebecca Zlotowski si attorciglia sui pensieri, le elucubrazioni, i ricordi e i rimossi della sua protagonista, perché il terreno sul quale buona parte del racconto si dipana è prima di tutto la sua mente: o meglio, l'espediente narrativo che mette in moto il film origina come meccanismo di autodifesa della psicoterapeuta stessa, attivato in seguito a due pugni secchi sullo stomaco ricevuti in sequenza - a livello professionale - che ammazzerebbero un toro.
Thriller psicologico di facciata (dai toni caustici e sempre leggeri) Vie Privée è nel cuore una commedia psicanalitica, un viaggio interiore, una sorta di anti-terapia (in)consapevole cui una fantastica Jodie Foster bilingue (la sua Lilian è una statunitense di casa in Francia) presta testardaggine e nevrosi, coadiuvata - e sono i momenti migliori del film - da un Daniel Auteuil elegante e lieve, ex marito che le torna accanto aiutandola ad elaborare i propri errori e le proprie sconfitte. Al suo servizio, una regista diligente che non fa danni, e una sceneggiatura che (scritta a sei mani con Anne Berest e Gaëlle Macé), più che di creare suspense, ha l'urgenza di alimentare voli di fantasia e sospetti, e in maniera più ampia di riflettere sul potere soverchiante del senso di colpa.
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