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Blue Moon

Regia di Richard Linklater vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Blue Moon

di Souther78
3 stelle

Racconto quasi autobiografico, in cui l'autoreferenzialità del protagonista sembra coincidere fatalmente con quella del regista, ormai ridotto a citare ed estremizzare se stesso, in una esaltazione della dialettica che sfocia in un monologo interminabile, ma, soprattutto, non interessante, per un personaggio che, paranoie a parte, nulla ha da dire.

 
Il cinema di Linklater non può che evocare intraprendenza narrativa: il suo desiderio di stupire, lungi dall'approccio di Fincher o di Shyamalan, non si traduce in ribaltamenti conclusivi, bensì in tecniche espositive originali. La riduzione a unità di base, per l'autore, è concentrazione pura ed esclusiva sull'espressione dialogica. L'accoppiata Hawke-Linklater, con la before trilogy, si è distinta quasi ossessivamente proprio nello sviluppo della retorica, dove tutto ciò che circonda i protagonisti è - e rimane - sfondo. Sfondo inanimato, a sè stante, riempitivo, e, al massimo, evocativo: nonostante le location esotiche e affascinanti, nel ricordo non resta scolpito se non il confronto tra i due protagonisti.
 
Blue Moon rappresenta la sublimazione (l'esasperazione?) della trilogia: dove i protagonisti, prima, percorrevano strade e visitavano luoghi, questo è immobile, statico, fisso. Dove Jesse e Celine dialogavano in modo fervido, con un confronto costante e un continuo divenire e fluire di pensieri e contrasti, qui la voce del protagonista si eleva ad assoluto, e i comprimari sono ridotti a spalle, o espedienti narrativi funzionali all'estroversione del personaggio principale.
 
Il nostro non attraverserà alcun reale confronto, ma si limiterà a una instancabile autocelebrazione (o compassione), mentre il contorno di comparse si succederà all'interno dell'unità di tempo e di spazio che assume le sembianze del bancone di un bar.
 
Mai come in questo caso, la versione doppiata del film sembra svuotarlo della propria essenza, che consiste, appunto, nell'interpretazione del suo one man show.
 
L'idea era rischiosa, e la realizzazione non riesce a elevarla, nè a tradurla in un risultato nobile, come certo era nelle intenzioni del regista: il troppo sembra decisamente aver stroppiato. 
 
Pur dovendo dubitare, lasciamo un punto interrogativo circa la conoscenza del personaggio reale da parte del pubblico americano. Certo non è qualcuno che possa considerarsi famoso nel resto del mondo, e il periodo di ambientazione rende assai improbabile che la stragrande maggioranza del pubblico possa avere una qualche conoscenza della persona vera, al di là, eventualmente, delle sue opere.
 
Come se non bastasse la totale carenza di interesse, o di riferimenti atti a suscitarne nello spettatore, anche i fatti narrati sono decisamente di ben scarsa presa, considerando che il tutto si risolve in riflessioni personalissime collegate a vita e opere del personaggio: sconosciuto l'uno, sconosciute le altre.
 
Un'ambientazione curata (ma monotona) e dei comprimari in spolvero non compensano la carenza di fondo dell'assenza totale di interesse: normalmente, siamo interessati a conoscere anche particolari irrilevanti delle vite di persone che conosciamo, direttamente o indirettamente. Siamo anche interessati a conoscere storie, vere o di fantasia, di persone sconosciute, a condizione che siano particolari, eccezionali, originali, sbalorditive: in poche parole, capaci di catturarci. Ed è proprio qui che Blue Moon fallisce miseramente: nonostante l'eloquio del protagonista (certo migliore nella versione originale), il suo immenso monologo non ci catturerà mai, perchè in fondo ciò di cui parla non attinge ad alcuno dei due portati: non ci riguarda, nè ci colpisce. Se un simile monologo avesse almeno riguardato una figura arcinota e discussa, avremmo lasciato la sala con la convinzione di averne saputo un po' di più sul suo conto, ma in questo caso l'unica sensazione dominante consiste nella noia, causata dalla ripetitività. Sul secondo gradino del disgraziato podio, si colloca il fastidio che è ben presto in agguato, nei confronti di un personaggio che si rivela disagiato e travagliato, nel senso non interessante del termine.
 
No, Blue Moon non è la sublimazione dell'opera di Linklater, ma, semmai, la sua esasperazione: pur potendo riconoscere la qualità nei dettagli, il risultato finale non è affatto appagante, e somiglia terribilmente a uno sterile esercizio di retorica autoreferenziale, al pari del suo protagonista.
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