Regia di Anastasia Trofimova vedi scheda film
VENEZIA 81
Più reportage che film, più ricettore passivo di panorami umani derelitti che non costruzione coscienziosa di un fronte di guerra e dei suoi meccanismi. Se si pensa che guardando Russians At War si pensa di poter maturare un’idea critica rispetto a una percezione della guerra da parte di alcuni soldati russi impegnati al fronte, magari in evoluzione fra continui bombardamenti e continui recuperi di cadaveri, allora le aspettative vengono tradite, perché i soldati, umanamente parlando, a malapena ci sono, i ritratti che aspirano alla coerenza sono schegge informi di testimonianze, e delle meccaniche della guerra - avanzate, attacchi, retroguardie - si sentono solo alcuni sussurri e alcune voci radio, il resto è un aggirarsi fra miserabilismi e distruzioni, induzioni di empatie coatte a logica di musica ad hoc e, al più, il tentativo di far percepire il pericolo imminente. Se ci fosse, nel film, una maggiore coscienza di cosa dipingano quei panorami, ne sarebbe derivata una struttura, una traiettoria leggibile trasversalmente ai 129 minuti, e invece ad Anastasiya Trofimova interessa, per esplicita dichiarazione nel film, sventagliare l’articolata varietà di visioni dei soldati, e cercare di dar coerenza a singole figure di montaggio a discapito della chance di seguire il ragionamento umano e la lettura umanista e anti-bellica. A discapito della dialettica, del faccia a faccia etico con le proprie responsabilità, della chance di accogliere arditamente l’umanità di chi prova nostalgia per un’unità solidale di intenti che in realtà si chiamava Unione Sovietica.
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