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After the Hunt - Dopo la caccia

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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La recensione su After the Hunt - Dopo la caccia

di EightAndHalf
7 stelle

Il ritmo maniacale con cui Guadagnino sta facendo uscire annualmente grandi produzioni con star internazionali sempre diverse dà l’idea di un mistero della fede (cinematografica). Perché sono sempre progetti di grande densità, soprattutto in termini di messa in scena, realizzati con cura, dedizione per il dettaglio, grande sforzo di post-produzione. After The Hunt non è da meno, visto come il regista siciliano ancora una volta riesce a riarrangiare i suoi riferimenti cinefili – qui il Woody Allen più thriller: stessi caratteri dei titoli di testa, stessi interni borghesi, simili nevrosi filosofiche – re-incorniciandoli con la passione e l’energia che sempre lo attraversano. E quindi dopo la traversata burroghsiana di Queer e il tripudio hong-konghese di Challengers qui è il turno di un mondo accademico in cui tutti i personaggi sono sgradevoli e sul punto di distruggere gli altri e se stessi, tutti col ricatto come principale moneta di scambio, tutti corpi erotici ammanettati dalle loro stesse velleità di potere sugli altri. Nelle intenzioni è un dramma sulla cultura woke e sulle filosofie anti-woke, sul conflitto fra generazioni in chiave di etica e di gender, sulla denuncia delle donne e sulle voci del privilegio – Woody Allen, ancora tu? -, chiaramente sul presente e su tutte le ambiguità del caso (quanto posso rivendicare la mia libertà?, quanto questo limita quella degli altri?). Agli angoli del ring stanno due percezioni opposte di vita: quella della professoressa Alma (Julia Roberts), che ritiene di dover tollerare la vita e i suoi soprusi per fare carriera, e dall’altra quella della dottoranda Maggie (Ayo Edebiri), che ritiene di dover scolpire il mondo in chiave di comodità e serenità (per la sua categoria: giovane omosessuale di colore) a ogni possibile difficoltà. Nonostante sia Alma la protagonista, Guadagnino allestisce una scacchiera di caratteri che coprono tutte le sfumature fra i due poli, calcolando con (sufficiente?) capacità dissimulativa il metodo cerchiobottista di rendere i personaggi tutto il contrario di tutto. Non nuovo alle ambiguità dei suoi eroi mediocri, Guadagnino sembra però in After The Hunt più trattenuto, meno spinto a scatenare il caos dei desideri e del potere, più accuratamente borghese come a nascondere la stessa ipocrisia dei suoi personaggi. A compensare c’è una regia infiammatissima, una tensione palpabile e un invito al dibattito maturo, preciso a disambiguare, quasi filosofico. Forse ad After The Hunt il caos non serve, serve una quieta ambiguità. Ma fino a dove è un’ambiguità fruttuosa? E fino a dove è semplicemente la chiave per non dare fastidio a nessuna delle due parti?

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