Regia di Joseph Kosinski vedi scheda film
Il 7 settembre 2016 il colosso Liberty Media annuncia l’acquisizione di Formula One Group, il placet che governa le corse automobilistiche di F1 ma anche tutto il circo, mediatico e no, che gli gira attorno, per 4,4 miliardi di dollari iniziando una rivoluzione non soltanto sportiva quanto soprattutto mediatica.
Oggi, dopo tanto lavoro e al 75° anniversario dall’inizio della competizione, il valore della Formula 1 supera ormai i 17 miliardi, trasformatosi ormai in uno show crossmediale estremamente pop, stiloso e particolarmente social, amato da un pubblico trasversale e (soprattutto) giovane.
F1 – Il film rientra perfettamente in questo progetto, quindi, e in quanto tale è da inquadrare e inserire in un contesto molto più grande di una semplice operazione cinematografica, frutto di una strategia di brand awarness che sfrutta il proprio brand su tipi di media anche molto diversi tra loro.
Un tipo di cinema in perfetto stile Top Gun – Maverick e non è affatto un caso, sono veramente tante infatti le analogie tra questi due progetti, al punto che diventa quasi inevitabile parlare di uno senza tener conto anche dell’altro, non soltanto in quanto diretti dallo stesso regista (Joseph Kosinski), con lo stesso produttore (Jerry Bruckheimer) e sceneggiato da Ehren Kruger, anche lui nella writing room di Maverick, ma anche perché due pellicole speculari tra loro, con i suoi protagonisti over 60, respinti e/o ai margini di un sistema che però ha bisogno di loro, che gli piaccia o meno, cowboy ribelli che seguono soltanto il loro istinto e le loro regole, ormai ritenute obsolete dai molti, ma che però, alla prova dei fatti, funzionano meglio di quelle “nuove” e/o istituzionalizzate.
Un “vecchio” mondo migliore di quello nuovo anche (soprattutto) perché le persone erano/sono migliori di quelli di oggi.
Dalla trama classica eppur sensazionalistica, semplice eppure con una struttura massimalista, F1 miscela tra loro il binomio, spesso vincente, tra cinema e sport ma è soprattutto un cinema ipertrofico, roboante, addirittura retorico ma anche un’epopea eroica di grandissimo intrattenimento.
Tutto questo definiscono le ambizioni di F1 che nella sua ricerca di realismo attinge direttamente a diverse parabole sportive a partire, ovviamente, da Rocky (la rivincita dell’outsider) e poi, restando in tema, da quella di Ayrton Senna sul quale è costruita la figura del protagonista (ma che ricorda parecchio anche il James Hunt di Chris Hemsworth in Rush di Ron Howard, ex-pilota che partecipa al film con un cameo) con tanto di incidente che però, per dinamiche e, soprattutto, conseguenze (sopravvive!) e modellata su quella che stroncò la carriera di Martin Donnelly a Jerez nel 1990, a quella del suo giovane co-pilota ispirato palesemente a Lewis Hamilton (non a caso produttore della pellicola).
Strettamente vincolato, quindi, ai diversi loghi e product placement a conseguenza del supporto diretto della stessa F1, che concede marchi, nomi e volti, il film di Kosinski è cinema soprattutto per la capacità di costruire mondi e veicolare suggestioni di un immaginario conosciuto da tutti, ma solo fino a un certo punto.
E infatti nella costruzione dell’intreccio c’è, in realtà, ben poco di realistico ma il modo in cui viene messa in scena rimane comunque plausibile, per quanto oggettivamente improbabile, non tanto nella narrazione quanto piuttosto per il modo in cui sfrutta la grammatica dello sport a cui si ispira, giocando moltissimo sul concetto di dualismo e dualità, anche mettendo in contrapposizione metodologie diverse di pensare e agire (o gareggiare).
Il film, nonostante la sua durata, si fa portavoce di fin troppe istanze (sport, agonismo, business, ambizione, riscatto, spionaggio, morte, amore) che si accavallano in maniera un po' confusa, anche con un minimo di (leggera) autocritica, per quanto sia chiaro che il film non voglia certo approfondire niente di tutto questo.
L'adrenalina è la sola e unica (possibile?) declinazione poetica per Joseph Kosinski, supportato al montaggio da Stephen Mirrione, dalla colonna sonora di Hans Zimmer e da una sfilza incredibile di artisti, da Ed Sheeran a Tate McRae, ed è costruita sul confronto tra Sonny (Brad Pitt) e Noah (Damson Idris), punto nevralgico di una narrazione ben delineata in questioni di spazio, linguaggio e messa in scena, tutta in favore del primo, ovviamente, ed è proprio questo parte il racconto che potrebbe girare un po' troppo su sé stesso.
Completano il cast Javier Bardem, Kerry Condon, Tobias Menzies, Kim Bodnia, Sarah Niles, Samson Kayo, Abdul Salis, Callie Cooke, Will Merrick e Simon Kunz.
F1 - Il film è in fondo un blockbuster classico “barra” moderno, molto ben realizzato, e che si apprezza soprattutto quando la pellicola, e noi con lei, scende direttamente in pista, il tutto girato sulle vere piste della F1 durante le gare del 2023 e 2024, anche con sequenze realizzate montando un iPhone (il film è co-prodotto anche da Apple Pictures) nell’alloggiamento del camera-car di vetture di Formula 2 travestire da Formula 1 con risultati assolutamente realistici, anche grazie alla fotografia del cileno Claudio Miranda, e che rendono sostanzialmente impossibile distinguere il passaggio da scene reali e quelle girate per l’occasione, e con la CGI sfruttata soltanto nell’integrare le vetture fasulle all’interno delle sequenze prese dal vero.
Personalmente, di corse automobilistiche e di Formula 1 capisco ben poco, non essendone particolarmente interessato e seguendo le corse solo (molto) occasionalmente, ma la pellicola di Kosinski riesce ad essere ugualmente coinvolgente, appassionante e (spesso) divertente, immagino anche per quel pubblico quasi totalmente all’oscuro di regolamenti, termini tecnici e tattiche di gare ma la mia impressione, e mi scuso con i “veri” fan della velocità che probabilmente non apprezzeranno quanto sto per dire, e che, costruendo un’esperienza prettamente cinematografica e con una storia archetipica di successo che punta all'esaltazione massima dell'outsider contro tutto e tutti, facendoci parteggiare apertamente per lui, Il film punti a essere tutto quello che la vera Formula 1 non è ma che potrebbe (o dovrebbe?) essere.
Il film di Kosinski trasforma infati l’eccezionalità nella regola e, pur rimanendo concettualmente fedele allo sport (o al brand?) che sta trattando, se ne discosta per accentuare una spettacolarizzazione che si inserisce perfettamente nella tradizione dei blockbuster prodotti da Jerry Bruckheimer, costruendo un Top Gun su quattro ruote di sicuro successo ma che poggia pesantemente le sue (ruote) gambe su inclinazioni cinematografiche ormai fin troppo rodate e sicure.
Certo, funziona tutto molto bene ma non si prende mai nessun rischio, neppure per sbaglio.
VOTO: 7
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