Regia di Andrea Segre vedi scheda film
Ci voleva la calibrata bravura di Andrea Segre, in assoluto uno dei nostri migliori registi attuali, per darci questo prezioso ricordo politco e umano di Enrico Berlinguer. Conoscevo l'abilità di Andrea, che alterna film e documentari, ma ero dubbioso sulla riuscita di un film che raccontasse gli ultimi dieci anni di vita di un personaggio così ingombrante come il segretario del PCI. La retorica era a un passo, l'agiografia a un altro, e invece Andrea realizza un'opera scarna e dolente, profondamente politica, che rispetta la figura di Berlinguer, sempre visto come un uomo mite e moderato. Così facendo, tutti gli attori, a cominciare da un bravissimo Elio Germano, si adeguano benissimo al taglio registico e l'opera non risulta mai forzata o posticcia. L'idea, poi, di inserire frammenti documentaristici è vincente e le impedisce, appunto, di appiattirsi. Lo sguardo di Segre si concentra fra il 1973 e il 1978, dove muore il sogno del "compromesso storico" con la nota vicenda Moro, tralasciando gli orpelli successivi, fino alla morte quasi in diretta, di Berlinguer nel 1984. E' un racconto umano, di un uomo che manca come l'aria, riportato a noi nei suoi piccoli gesti quotidiani e nell'amore per la sua famiglia, ma è anche una "provocazione" politica, lasciando parlare i suoi discorsi, le sue idee, le sue visioni. Dico "provocazione", perché oggi, pur al netto di tempi profondamente diversi, le parole di Enrico Berlinguer sono o dovrebbero essere, la guida di un qualunque partito di sinistra. Tornando al Cinema, qui ce n'è molto e considero il film bellissimo, anche scorporandolo dall'emozione personale.
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