Regia di Franco Maresco vedi scheda film
Ci sono almeno tre film in Un film fatto per Bene, titolo geniale del regista più irregolare del cinema italiano. C'è quello su Carmelo Bene, un bozzetto rimasto incompiuto per problemi produttivi; ce n'è un secondo su un santo del Seicento, costosissimo e girato in pellicola; infine, c'è la parte più corposa e non dichiarata: l'autofiction di Franco Maresco. Già, perché il film dell'irriverente regista palermitano assembla in maniera rapsodica (il montaggio potrebbe avere altre millanta forme) i materiali delle sue tre anime, diventando - in un ideale punto d'incontro tra una versione pecoreccia di Effetto notte e Lost in La Mancha - un film sul film. In questa occasione, però, l'ironia corrosiva di Maresco si trasforma in feroce sarcasmo, il risentimento nei confronti del produttore Andrea Occhipinti (per Lucky Red) diventa ostinata acredine e alcune scelte - come quelle di inserire il making of della CinicoTV con Daniele Ciprì - sembrano più pretestuose, per quanto esilaranti, che giustificate dalle necessità del racconto. Certo, i momenti spassosi non mancano, ma sono cuciti in maniera caotica. C'è persino una partita a scacchi bergmaniana con Antonio Rezza nei panni della Morte: peccato che San Giuseppe da Copertino non muova mai un pezzo, condannando tutti - spettatori compresi - a un eterno stallo. Il meglio, allora, va cercato nel coraggio di Maresco, che anche stavolta non fa sconti a nessuno, come quando - turlupinando il minus habens Francesco Puma, assurto a critico cinematografico in una delle trasmissioni di Marzullo - di quest'ultimo dice che "in un paese normale, uno come lui potrebbe al massimo vendere popcorn in un circo". E questo basta a giustificare l'acquisto del biglietto, anche se, alla fine, resta il dubbio se il film sia un'agiografia strampalata o un funerale grottesco del cinema italiano.
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