Regia di Giulia Louise Steigerwalt vedi scheda film
Tra gli anni Ottanta e i Novanta la casa di produzione Diva Futura, diretta da Riccardo Schicchi (Castellitto), divenne l'ammiraglia del porno italiano, sfornando pornodive come Moana Pozzi (Capezza), Cicciolina (Kordic) ed Eva Henger (Litvan), che poi diventò la moglie di Schicchi. Con un andamento temporale tutt'altro che lineare, Giulia Louise Steigerwalt - qui alla sua opera seconda dopo l'eccellente Settembre - racconta quell'epopea facendo leva sul libro della segretaria di Schicchi, Deborah Attanasio (Ronchi), dal titolo Non dite a mia mamma che faccio la segretaria. L'età dell'oro del porno tricolore viene messa in scena senza prudori né pruderie, in un racconto corale che si ferma sempre a un passo dal santino (Schicchi artista, innocuo provocatore, lontano dalle degenerazioni odierne dell'hardcore che della donna fa carne da macello). Ma ha il merito di consegnarci un'opera costantemente a cavallo tra dramma e commedia, percorsa da un ricorrente quanto misurato registro grottesco e da un mimetismo interpretativo (vedi la ricostruzione delle interviste televisive) tra il filologico e la parodia. Certo, il rischio nostalgia anni '80 è dietro l'angolo - unicorni, nuvole rosa e tanto VHS. Ma Diva futura è anche questo: un'innocua favola erotica su un'industria che voleva essere creativa, prima che il porno diventasse trauma e il termine pornostar sinonimo di stigma a vita. E se il risultato non sempre riesce a staccarsi dalla superficie - tra flashback, imitazioni e salti temporali più acrobatici di un numero da circo - il brio di Castellitto e la grazia sorniona di Ronchi tengono a galla una pellicola che, pur senza rivoluzioni, almeno non si prende troppo sul serio.
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