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L'orto americano

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su L'orto americano

di mm40
5 stelle

Durante la liberazione un giovane bolognese si innamora di un’infermiera americana, Barbara. La guerra finisce, il ragazzo è diventato un affermato scrittore e si reca in Iowa alla ricerca della ragazza, nonché di ispirazione artistica. Trova in realtà solamente la madre di Barbara, che sostiene che sua figlia sia scomparsa in quel di Argenta, in provincia di Ferrara. E soprattutto trova un orto, dietro casa, da cui provengono strane voci lamentose femminili. Il ragazzo decide di approfondire la questione, scavando nell’orto e nel passato italiano di Barbara.

 

Non stiamo parlando del miglior horror di Pupi Avati, ma L’orto americano ha le sue carte da giocarsi e le gioca quasi tutte nella maniera più efficace. Il regista bolognese, riconosciuto maestro del genere a livello nazionale, scrive insieme a suo figlio Tommaso un copione che nasce dall’omonimo romanzo dello stesso Pupi Avati, pubblicato nel 2023; gli elementi imprescindibili ci sono tutti: una sottile tensione destinata a non esaurirsi mai – neppure alla conclusione delle vicende, una serie di personaggi tutt’altro che trasparenti, un villain che trama nell’ombra e un mistero brutale e sanguinolento, nonché l’avanzare sottotraccia di una vena di follia che pare impossessarsi del protagonista, di pari passo con il dipanarsi della trama. La scelta del bianco e nero nella fotografia di Cesare Bastelli è pressoché obbligata, a questo punto, data l’atmosfera lugubre del lavoro e data anche l’ambientazione nell’immediato secondo dopoguerra, epoca delle memorie di gioventù del regista. L’orto americano, come si diceva in incipit, non è una pellicola imprescindibile neppure all’interno della (vastissima) filmografia di Avati, ma è comunque una visione gradevole, non impegnativa, e soprattutto un lavoro curato nei dettagli da parte di un rinomato artigiano del nostro cinema. Azzeccata la scelta di Filippo Scotti come protagonista, che poteva essere una scommessa non da poco: classe 1999 dalle poche esperienze attoriali in curriculum, fa qui la sua figura; colpiscono però di più i nomi e i volti di alcuni comprimari dalla fama ben più evidente come Chiara Caselli, Massimo Bonetti, Andrea Roncato e la britannica Rita Tushingham. 5/10.

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