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L'orto americano

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su L'orto americano

di ANdaMI
8 stelle

PUPI AVATI BACKS IN ACTION!

 

locandina

L'orto americano (2024): locandina

 

Pupi Avati

L'orto americano (2024): Pupi Avati

 

A sei anni di distanza da Il signor Diavolo (2019), il regista bolognese di La casa dalle finestre che ridono torna all'horror con un film basato sul suo stesso romanzo e dall'omonimo titolo: L'orto americano. La sceneggiatura è attribuibile ad Avati stesso e al suo secondogenito, Tommaso. Ambientata nel secondo dopoguerra, la storia segue le (dis)avventure di un giovane scrittore (Filippo Scotti) che, nel 1945, incontra di sfuggita una bella infermiera americana, rimanendone folgorato. In cerca della giusta serenità per scrivere, il ragazzo si trasferisce negli Stati Uniti, dove si ritrova ad abitare proprio accanto alla vecchia casa della graziosa infermiera. Sempre più ossessionato da essa, il protagonista dedicherà anima e corpo alla sua ricerca, finendo coinvolto in una serie inquietante di delitti a sfondo sessuale. Il film è stato presentato in anteprima all'ottantunesima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dura poco meno di due ore ed è stato girato sia in Italia che negli USA stessi.

 

Filippo Scotti

L'orto americano (2024): Filippo Scotti

 

scena

L'orto americano (2024): scena

 

L'orto americano manifesta sicuramente caratteri da cinema dell'orrore e lo fa anche efficacemente. Non manca la violenza né la follia, il terrore o lo sgomento, quel poco che viene mostrato funziona e funziona molto bene. Dico "quel poco" perché il film, di fatto, è perlopiù costruito sul mistero che circonda la vita della donna americana, figura affascinante come lo sono sempre stati gli USA per il popolo del Bel paese da quando la guerra mise fine al Regno d'Italia. Avati dissemina la narrazione di indizi, nomi ed eventi dosandoli con consapevolezza e tenendo alta la concentrazione dello spettatore, costantemente imboccato dalla voglia di scoprire la verità finale al pari del giovane Filippo Scotti, attore peraltro decisamente convincente per il ruolo che si ritrova a ricoprire. Tutti i personaggi che appaiono sullo schermo aggiungono tasselli al puzzle, hanno qualcosa da dire e sono caratterizzati abbastanza bene da farsi notare e ricordare. Pur con tutte le informazioni che si sommano con il progredire della trama, il caos non prende mai il sopravvento, il ritmo è scorrevole e la sceneggiatura, nel complesso, si tiene in piedi anche se con qualche scivolata qua e là. 

 

scena

L'orto americano (2024): scena

 

Filippo Scotti

L'orto americano (2024): Filippo Scotti

 

scena

L'orto americano (2024): scena

 

Sotto un profilo prettamente tecnico, il film ha una fotografia in bianco e nero davvero elegante e suggestiva. Curata da Cesare Battistelli, la suddetta si sposa alla perfezione con la sempre ottima regia di Avati. Il risultato finale è un incantevole incastro tra la Hollywood classica e il gotico padano. Le sequenze ambientate in America sembrano uscite da un film hollywoodiano degli anni Quaranta, mentre quelle in Italia rendono l'idea di un paese che ha appena fatto i conti con un sanguinoso conflitto mondiale, oltre a rifarsi ad altre pellicole del regista emiliano, tra cui la già citata casa dalle finestre che ridono. Il lato estetico è forse la cosa più bella de L'orto americano. Il frutto di questo grande impegno è un prodotto che sa come appagare la vista.

 

L'orto americano (2024): Trailer ufficiale

 

Con L'orto americano, Avati dimostra di credere fermamente nel potere del cinema. Del resto, non è un caso che abbia rivolto un appello al governo italiano per istituire un ministero ad hoc per la settima arte. Il suo ultimo film è qualcosa che si vede raramente nel nostro paese e già solo per questo meriterebbe una possibilità. Inoltre, una volta visionato, è molto difficile che ci si penta di avergliela concessa, quella possibilità. 

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