Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
Ricordate il “twist alla Shyamalan”? Ecco, “Trap” è un twist lungo un film, un ribaltamento dal principio, un racconto costruito su un colpo di scena dato.
Infarcito di dettagli (molti dei quali concernenti sguardi ed espressioni del volto metamorfico di un grandissimo Josh Hartnett), oggetti (ai quali Shayamalan presta un’attenzione viscerale come e più che in altre sue opere) e particolari (Jamie che porge il cutter a Cooper e l’istante di esitazione che ne segue) la cui disposizione è indice di una sensibilità e di uno spessore magistrali, “Trap” è un vortice, una messa in scacco, un’esperienza da cardiopalma che brama il grande schermo per essere goduta in tutta la sua magniloquenza thriller. È grande spettacolo e psicoanalisi, è teso e mentale, inverosimile (volutamente, sfacciatamente e coerentemente con la propria natura di tour de force introspettivo e intimista) e inarrestabile: l’elegia del parossismo. È Hitchcock, “Psycho” e non solo (tutta la prima parte potrebbe essere letta come una sorta di “Nodo alla gola” ambientato in uno stadio), ma tutto Shyamalan. Dei migliori. E quel finale, che concede allo spettatore di conciliarsi col punto di vista del killer dopo averne rivestito i panni e le intime sensazioni per tutto il corso del film, è il marchio di qualità imprescindibile senza il quale “Trap” avrebbe perso molto. Il perché lo scoprirete da voi.
Uno dei film imperdibili del 2024.
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