Regia di Alain Cavalier vedi scheda film
Il ribelle di Algeri (1964): locandina
CINEMA OLTRECONFINE : CINÉMATHÈQUE DE NICE
Thomas Vlassenroot è un giovane che dopo aver disertato la Legione straniera francese aderisce all'OAS, il gruppo paramilitare formato dai generali ribelli a De Gaulle dopo l'abbandono dell'Algeria.
Persuaso dal tenente Fraser, accetta di partecipare ad una imboscata che mira a rapire Dominique Servet, un'avvenente avvocata che si batte per i rivoluzionari algerini.
Come contropartita il soldato riceverà in una grossa somma che gli permetterà di rientrare a casa in Lussemburgo, dalla moglie e dal piccolo figlio che non ha mai potuto conoscere. Il piano di rapimento riesce nel suo intento, e la bella Dominique viene reclusa assieme ad un altro prigioniero, Félicien, sotto la guardia di Thomas e il suo collega Amério, un pieds-noir, ovvero un europeo nato in Algeria.
Thomas però verrà istigato dai sentimenti ad allontanarsi dalla causa, arrivando inevitabilmente ad innamorarsi della sua vittima, e non esitando a mettersi contro i compagni, cercando di portarla in salvo.
Il ribelle di Algeri (1964): Lea Massari, Alain Delon
Il ribelle di Algeri (1964): Alain Delon, Viviane Attia
Nel film, che segna l'esordio nel lungometraggio dell'apprezzato cineasta francese Alain Cavalier, il tema dominante è senz'altro quella singolare, inaspettata dinamica psicologica, nota come Sindrome di Stoccolma, secondo la quale prigioniero e carceriere finiscono per tramutare la comprensibile ostilità che li separa in complicità ed addirittura innamoramento, sentimento che dilaga tra i due e che finisce per avere la meglio sulla causa politica, trasformando l'ardito protagonista in un traditore.
Il ribelle di Algeri (1964): Alain Delon, Robert Castel
In seguito dai suoi ex compagni di causa, pagherà a caro prezzo il suo tradimento per amore. Nonostante il cast che include un Alain Delon nel suo massimo fulgore fisico ed interpretativo, e una seducente Lea Massari, vittima battagliera ed orgogliosa, il film, illuminato da una abbagliante, magnifica fotografia in bianco e nero, merito del direttore della fotografia Claude Renoir, figlio di Jean, fu un clamoroso insuccesso al botteghino, e venne rivalutato solo in seguito, inducendo tra l'altro il regista a prediligere, nei suoi lavori futuri, budget sempre più sacrificati e, di conseguenza, un parterre di interpreti quasi sempre non professionisti, scelti piuttosto sul campo in rapporto alla tematica affrontata, per meglio risaltarne le caratteristiche intrinseche, e non costruite, forgiate e cesellate per l'occasione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta