Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Akira Kurosawa è stato uno dei quattro o cinque registi più importanti della storia del cinema; Rashomon fu il suo primo film che vidi, e probabilmente anche il mio primo film giapponese in assoluto: l'impressione fu fortissima, uno shock culturale indimenticabile e la dimostrazione tangibile che il cinema era prima di ogni altra cosa un'arte. Infatti, se esiste una categoria di film "innovativi" o perfino rivoluzionari per il linguaggio cinematografico, che hanno segnato una data per il loro contributo a un nuovo modo di fare cinema, Rashomon vi rientra di diritto: a livello narrativo, l'idea di strutturare l'intera trama su quattro differenti versioni di uno stesso fatto (l'uccisione di un nobile e lo stupro di sua moglie nel Giappone feudale), con il motivo conduttore di una vana ricerca della verità, era certamente inedita e originale nel 1950 e può essere paragonata alle innovazioni nell'utilizzo del flashback da parte di Orson Welles in Quarto potere, con un tocco di Pirandello, dato che le versioni fornite dai diversi testimoni e dallo spirito del morto evocato da una medium sono in aperto contrasto fra loro. Ma anche lo stile registico di Kurosawa brilla per la sua originalità e la sua arditezza, con una estrema varietà di invenzioni visive, inquadrature e movimenti di macchina ricercati, montaggio frenetico e "barocco", colonna sonora direttamente ispirata al "Bolero" di Ravel, recitazione concitata e virtuosistica. Gli attori meritano un elogio particolare: Toshiro Mifune è memorabile e archetipico nel ruolo del bandito Tajomaru, Machiko Kyo perfetta nel modulare l'isteria della moglie "sedotta e abbandonata", Masayuki Mori assai convincente come marito tradito (e il suo sguardo di ghiaccio, che induce la moglie al suicidio in una delle versioni della storia, è davvero uno dei più terribili ed espressivi della storia della recitazione cinematografica). Grazie al Leone d'oro vinto a Venezia e all'Oscar per il miglior film straniero, il film contribuì in maniera decisiva alla conoscenza del cinema giapponese nel mondo, ma se lo si giudica a prescindere da tutto ciò, i suoi meriti contenutistici e formali restano altissimi. E anche il finale umanista col ritrovamento del neonato che viene preso dal boscaiolo, da molti giudicato inutile o posticcio, a me sembra invece toccante e sincero: per essere un film tratto da una fonte letteraria prestigiosa come il racconto "Nel bosco" di Ryunosuke Hakutagawa, "Rashomon" è quanto di più cinematografico Kurosawa potesse concepire all'epoca.
Voto 10/10
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