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Queer

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Queer

di rj
6 stelle

"La storia di William Lee (Craig), queer che vive a Città del Messico dove incontrerà il giovane Eugene (Starkey) di cui si innamorerà in un'unica e controversa storia ai limiti della follia e dell'ossessione", firma così il suo quattordicesimo lungometraggio Luca Guadagnino, con una storia riflessiva e colma di pathos (soprattutto da parte di Craig). Il film, diviso in 4 parti, 3 capitoli e un epilogo, affronta le diverse fasi che i due innamorati vivono all'interno del loro viaggio che diventerà poi anche fisico ma che è inizialmente solo emotivo. Se la psicologia del personaggio di Lee è ben delineata ed è chiaro che sia omosessuale sin dalla prima scena, un po' più celato, velato nella storia, rimane l'orientamento sessuale di Eugene che si direbbe più bisessuale. All'interno del film troveremo parecchi personaggi bizzarri, alcuni anche stereotipati (uno su tutti Dumé), che serviranno però ad arricchire la storia per far entrare maggiormente in empatia lo spettatore con Lee. La regia fa il suo dovere seguendo gli attori e spesso stringendo molto su loro con primi piani, facendo arrivare allo spettatore meglio le emozioni vissute dai personaggi. Raffinata diventa la scelta di fare vedere un distacco dell'anima dal corpo fisico nell'amore richiamando un po' Allen in Io e Annie con il corpo che fa una cosa e l'anima che desidera tutt'altro. Già dalla fine del primo capitolo si può notare che la storia sta iniziando a diventare più complessa (in primis anche perché più onirica) infittendosi attorno a un nuovo elemento fin lì ancora non affrontato più di tanto: la droga. Inizialmente si parla di cocaina ed eroina ma andando più avanti si parlerà anche di ayahuasca, droga che però ha un effetto diverso dalle altre e che viene cercata con un altro scopo: connettersi telepaticamente. Purtroppo, a differenza di quanto si possa pensare, la fusione telepatica sembra quasi essere più fisica che effettivamente mentale come dovrebbe essere. La fotografia, in tutto il film ma in questa parte in particolare, fa tutto. L'illuminazione naturale e diegetica dei due davanti al falò rende l'ambiente molto intimo risaltando il sudore che i due hanno addosso che diventa metafora della passione che provano l'uno per l'altro e della fatica che costa tenerla viva, passione che poi alle fine è anche rappresentato dal fuoco.

Un ritmo lento e riflessivo accompagna la storia dei due fino ad un finale quasi onirico ma che costringe lo spettatore a una riflessione su quello che era effettivamente il loro vero rapporto. La sceneggiatura, a tratti, è un po' debole nei dialoghi ma i forti scenari presentati (la maggior parte ricostruiti a Cinecittà) colmano la presenza di dialoghi troppo lunghi e privi di forza.

L'idea finale è che il film sia buono e che la prova dei due attori (ma anche del cast in generale) sia molto buona anche se la storia, abbastanza classica e lineare, voglia sembrare più complessa di quanto effettivamente sia.

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