Regia di Stéphane Brizé vedi scheda film
In crisi nel dover affrontare il suo primo ruolo in teatro e incupito da una moglie indisponibile, un attore cinematografico di successo (Canet, straordinariamente fascinoso) si reca nell'albergo di una piccola città della provincia francese per praticare una talassoterapia e riflettere sul da farsi. Qui ritrova Alice (Rohrwacher, intonatissima), la donna a cui aveva "spezzato il cuore in mille pezzi" quindici anni prima. L'incontro tra i due riaccende una fiamma mai spenta. Ma ormai tutto è cambiato.
Messo tra parentesi il suo cinema di impegno sociale e civile (La legge del mercato, In guerra, Un altro mondo), Stéphane Brizé devia sullo scivolosissimo territorio dei sentimenti. Guidato dalla stella polare di Lelouch (nella splendida colonna sonora di Vincent Delerm sembra persino di ritrovare echi delle musiche di Francis Lai), il regista orchestra un melodramma d'una delicatezza di porcellana: occasioni mancate, nostalgie a bassa voce e una malinconia marina che punge come l'aria salmastra fuori stagione. Brizé lavora per sottrazione, lascia respirare il film con aperture paesaggistiche e inserti fulminanti (la lettera depositata in reception, il racconto dell'amica anziana, una festa che sa di parentesi più che di svolta). Così costruisce un mélo che evita la melassa e riesce, quasi miracolosamente, a coniugare l'eleganza malinconica di Truffaut con l'ironia disincantata di una macchinetta del caffè che si rifiuta di funzionare.
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