Regia di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza vedi scheda film
"Iddu" è la nostra quota 2024 di cinema sulla mafia.
Già, perché in Italia sembra che non possiamo mai farci mancare il nostro "film mafioso" annuale.
Come se il noir e la mafia fossero gli unici temi importanti da raccontare: facciamo fatica a produrre film diversi, e quando li facciamo, spesso non vengono distribuiti o il pubblico non li premia.
Detto questo, "Iddu" è comunque un film interessante:
la storia è solida, ben messa in scena, gli attori — tutti molto bravi e capaci — danno forza e senso alla narrazione.
Il problema è che, alla fine, è un film che non aggiunge nulla di veramente nuovo o concreto al nostro cinema.
È qualcosa di già visto, di già raccontato.
Quello che dispiace è che in Italia abbiamo da sempre racconti, storie, avventure incredibili che meriterebbero spazio sul grande schermo.
Eppure, continuiamo a filmare quasi solo il male, la devianza, il degrado.
Dal punto di vista tecnico, "Iddu" raggiunge sicuramente la sufficienza:
la fotografia è notevole, molto curata; la colonna sonora ha spessore e accompagna bene la tensione della storia.
Ribadisco: non è un brutto film e nemmeno un capolavoro.
È un film che funziona, che può piacere a chi è appassionato di mafia, di mala, di criminalità organizzata, proprio come certi film sulla mala romana.
Ma l'Italia non è solo questo.
La mafia e la mala sono una piccola parte del nostro Paese.
I registi e gli sceneggiatori dovrebbero imparare a guardare l'Italia con altri occhi: occhi duri, certo, ma anche veri, poetici, complessi.
Se sapremo fare film come "Iddu" — con la stessa qualità tecnica — ma raccontando storie nuove, allora il cinema italiano potrà davvero avere un futuro nobile.
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