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Parthenope

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su Parthenope

di mm40
2 stelle

Parthenope è gnocca, intelligente, colta, spiritosa e di famiglia ricca. Nella vita può far tutto quel che le pare, però suo fratello (naturalmente innamorato di lei, come tutti) si suicida. Lei prova la carriera cinematografica, non va. Allora diventa prof di antropologia e vive una vita piatta e noiosa, ma almeno il giorno in cui va in pensione il Napoli vince lo scudetto. Uè!


Ma davvero? Davvero Paolo Sorrentino non è più capace di uscire da questo suo guscio protettivo, non sa più emanciparsi da questa sagoma dalle sue sembianze, non riesce più a girare un film che non sia un blando rimasticare temi e toni sorrentiniani del passato, senza alcuna scossa vitale, alcuno spunto originale? Parthenope sembra fin dall'inizio un insulto all'intelligenza – nonché ai napoletani. Perché tutto in questo film (la cui sceneggiatura è dello stesso regista) trasuda banalità fin dal primo fotogramma, tutto è tremendamente didascalico e l'estetica perennemente a cavallo tra spot televisivo e videoclip musicale non fa altro che amplificare questa sensazione di presa in giro, di vuoto di idee tirato per le lunghe (la pellicola dura poco più di due ore e un quarto). Parthenope è Napoli: colpo di scena finale! Lo spettatore che nel frattempo non si era addormentato lo aveva capito fin dalla visione della locandina, ancor prima di entrare in sala o di far partire il tasto play su Netflix. Sì: c'è anche Netflix dietro a questa produzione, ma bisogna ammettere che per gli standard della piattaforma si tratta pur sempre di un lavoro qualitativamente sopra la media. Pur essendo ampiamente sotto la media del regista, si capisce. E questa forzatura costante nel corso del film di voler ingabbiare Napoli e la napoletanità in una serie di stereotipi di una vacuità imbarazzante, adattabili ugualmente a qualsiasi altra città del mondo (“frivola, triste, determinata e incostante...”, etc. - dal monologo di chiusura), è forse indice di una crisi creativa profonda, ma si spera non irreversibile. Celeste Dalla Porta sogghigna per tutta la durata dell'opera, ripresa in primo piano frontale o di tre quarti col taglio di luce sul volto di ordinanza: potrebbe anche essere una buonissima attrice, ma questo ruolo e questa regia di sicuro non la valorizzano, se non esteticamente. Silvio Orlando, Stefania Sandrelli, Gary Oldman, Isabella Ferrari, Biagio Izzo e Luisa Ranieri sono i nomi più noti nel resto del cast; Peppe Lanzetta interpreta inoltre un vescovo porcellone nella sequenza più delirante di tutto il lavoro. 2/10.

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