Regia di Michael Lockshin vedi scheda film
Il Maestro e Margherita (2024): locandina
“Assomiglia più alla realtà di Putin che a quella di Stalin ed è ricco di immagini e situazioni incredibilmente attuali- ha detto il critico russo Anton Dolin - il primo adattamento ben riuscito del romanzo, nonché il miglior film commerciale realizzato nella storia della Russia moderna”
Invece Margarita Simonyan, la direttrice dell’emittente televisiva RT, controllata dal governo russo, ha chiesto l’avvio di un’indagine sul processo che ha reso possibile l’uscita del film. Trofim Tatarenkov, presentatore radiofonico che lavora per la radio statale Sputnik, ha attaccato il regista Lockshin definendolo “una feccia” e “nemico del popolo”.
Nell’insieme la critica russa ha accolto positivamente il film, e se Putin fosse la reincarnazione di Stalin a quest’ora avrebbero già riaperto i Gulag in Siberia.
Quanto ai detrattori, “nemico del popolo” è definizione che oggi fa tenerezza, sa di vecchi tempi in tempi in cui i veri nemici si aggirano osannati e a viso aperto e Putin fa paura come lo spauracchio sulla porta di casa la notte di Hallowen.
Ma torniamo al film.
Chi ha letto il libro lo dimentichi. Ed è giusto, due opere devono vivere di luce propria, e se la luce di Bulgakov è abbagliante, il film di Lockshin è una dignitosa messa in scena di quasi tre ore, che ha ottenuto un gran successo in Russia, dove ha trovato anche detrattori come sempre accade anche nelle migliori famiglie.
Il governo russo aveva finanziato parte del progetto, il film doveva uscire nel ’22, poi c’è stata l’invasione dell’Ucraina, gli equilibri sono saltati, e la distribuzione internazionale di Universal aveva deciso di ritirarsi dal progetto.
Notizie tutte dal web che fanno riflettere, ma non su Stalin o su Putin, sul nostro tragico presente, mediatico e non.
Prendersela con un film che vedrà solo qualche migliaio di persone!
Comunque, torniamo al film.
La trama e i personaggi sono quelli del libro, Locksin resta fedele alla vicenda narrata da Bulgakov e traspone sullo schermo quel mondo fantasmagorico che lo scrittore induce con le sue pagine nella fantasia del lettore.
Di diverso c’è che il cinema si nutre di immagini, suoni, colori e movimento. Allo spettatore non resta molto se non quel famoso processo mimetico che è lo specifico di tale rapporto, e se non funziona qualcosa non va.
Locksin ha una capacità inventiva straordinaria, inoltre i mezzi che una cinematografia come quella di Mosca oggi ha a disposizione sono frutto di una grande e antica scuola, dunque nessuno stupore se ne esce un colossal capace di rivaleggiare con quello che è stato definito uno dei più grandi romanzi di tutti i tempi.
Nel caleidoscopio di immagini in cui la triste storia del Maestro si scompone in mille rivoli e Margherita, splendida e molto hollywoodiana, lo ritroverà dopo un fantasmagorico patto col diavolo, l’allegoria perde la sua anima, quella che invece resta sempre intera nel lungo viaggio di Dante nei gironi infernali, anch’essi molto fantasmagorici e con la partecipazione attiva di Belzebù.
Anima che resta sempre intera durante la lettura del romanzo.
Un gran frastuono di effetti sonori sveglia spesso di soprassalto dal torpore indotto da lunghe sequenze che dovrebbero ricreare il grigiore degli anni del Grande Dittatore, ma in realtà sono il prodotto di geniali scenografi ispirati dal décor del cinema espressionista anni venti e trenta.
Le scene dal manicomio sono di esasperante banalità, la pietosa inserviente e il rigido direttore Stravinskji sono maschere da repertorio, nessun feedback che ricordi scene manicomiali del grande cinema.
Il grottesco di certe scene, infine, costringe a chiudere gli occhi, perché un conto è immaginare, un conto vedere teste rotolanti staccate dal morso di un gatto mostruoso!
Il film è stato acclamato e censurato, come è giusto che accada. Suo merito è aver ricordato alle genti il grande nome di uno sfortunato artista morto senza assistere alla sua gloria, Michail Afanas'evi? Bulgakov
www.paoladigiuseppe.it
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