Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Documentario sull’artista tedesco Anselm Kiefer, ripreso al lavoro nel suo hangar in Francia e all’inaugurazione di una mostra di sue opere a Venezia.
Cupo, sporco, impreciso, frastornante, astratto al limite dell’antirealistico eppure profondamente critico nei confronti dei suoi tempi e del mondo circostante: il lavoro di Anselm Kiefer è senza dubbio particolare e memorabile, tanto da averlo reso uno degli artisti più popolari a livello planetario nel 2023 in cui Wim Wenders decide di girare questo documentario su di lui. La critica, sottile ma potente, alla contemporaneità è basata su un profondo studio della storia e della mitologia: questo ci dice lo stesso Kiefer nel corso del film, cento minuti scarsi durante i quali lo vediamo sia all’opera all’interno dell’hangar francese in cui produce le sue creazioni, che intervistato nel passato, a partire dagli anni Settanta, quando la sua arte ha cominciato a ottenere riscontri di livello internazionale. Classe 1945, il Nostro è cresciuto suo malgrado circondato dall’eredità del secondo conflitto mondiale e del delirio nazista, cosa che lo ha portato più volte nel corso degli anni a generare opere controverse basate semplicemente sull’idea di preservare la memoria di quel periodo storico folle e suicida per il genere umano. Wenders, regista e sceneggiatore che ama le armosfere soffuse e i momenti delicati, non affonda mai il colpo più di tanto: il film non si trasforma mai in un racconto lineare ben focalizzato sul suo oggetto, ma tratteggia la vita e le opere di Kiefer con pennellate brevi, intense e distanti tra loro. È il suo stile, appunto, poco da dire a riguardo: può piacere o non piacere. In alcune rapide sequenze di fiction vediamo infine Anselm Kiefer da bambino, interpretato da Anton Wenders, e da ragazzo, interpretato da Daniel Kiefer. 6/10.
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