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The Sales Girl

Regia di Janchivdorj Sengedorj vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Sales Girl

di darkglobe
9 stelle

Il sensibile racconto dell'evoluzione morale di una ragazza schiva e incerta, in bilico tra i lacci della propria adolescenza e la propria femminilità


Un po’ sorprende che uno dei migliori film della venticinquesima edizione del Far East Film Festival arrivi dalla Mongolia, con The Sales Girl, delicata e un po’ piccante storia che racconta il coming of age di Saruul (Bayartsetseg Bayangerel, modella e attrice), giovane studentessa universitaria dall’aspetto da ragazzina, costretta a studiare ingegneria nucleare per volere degli umili genitori, in realtà incline all’arte e alla pittura.

Sorprende perché la storia del cinema della Mongolia è relativamente breve, con uno sviluppo che ha preso piede solo a valle della rivoluzione democratica del 1990 che ha visto il passaggio della propria storia cinematografico dalla statalizzazione alle produzioni private e indipendenti.

Il film, apparso per la prima volta all'Osaka Asian Film Festival nel 2021 e vincitore al New York Asian Film Festival per la sezione Uncaged, è curato per la regia da Janchivdorj Sengedorj, con all’attivo oltre 11 film (Trapped Abroad, One life of two women, Oxygen tra i più noti) dei quali per 5 è anche sceneggiatore.

Saruul è una ragazza schiva e incerta, in bilico tra i lacci della propria adolescenza che tarda a maturare e la propria femminilità; si trova per puro caso a gestire temporaneamente un sexy shop in part-time, al posto di un’amica universitaria, Namuuna, che si è rotta una gamba dopo essere scivolata su una buccia di banana.

In realtà non è tanto il contenuto del negozio a farla uscire dal guscio protettivo che si è creata, quanto la frequentazione con l’eccentrica titolare dello stesso, a cui è costretta a portare ogni sera a casa l’incasso, non dimenticandosi di acquistare una prelibatezza per il gatto della donna. La titolare Katya (Enkhtuul Oidovjamt) è una agiata signora di mezza età, ex ballerina di fama, pluri-maritata, sessualmente libera, all’apparenza acida e chiusa anche lei nella propria solitudine, fatta di qualche dissolutezza che compensi il rimpianto incolmabile per il primo amore rotto per una sciocchezza (“i soldi”) e per la perdita di un figlio durante la gravidanza. Questo incontro di solitudini e di caratteri assai diversi è in qualche modo la miscela esplosiva del film.

Saruul si adatta con estrema disinvoltura, abituata ad obbedire ai comandi dei genitori quando torna a casa esausta, a questa attività stramba ed a lei totalmente estranea, venendo a contatto con i singolari clienti che vagano, a volte oppressi dalle proprie vergogne, tra pillole energizzanti, dildo, dilatatori, bambole gonfiabili e falli artificiali. Ma la passione di Saruul restano i disegni, come dimostrano quelli che raffigurano una docente, che si ritroverà casualmente in negozio, e la pittura, rappresentata da quello strano quadro che arricchisce ogni sera di nuovi elementi decorativi.

Non c’è nulla di particolarmente volgare in The Sales Girl e il sesso gioca paradossalmente un ruolo secondario, emerge piuttosto una estrema cura e sensibilità nonostante la messa in scena del sexy-shop lasci pensare ad altro. L’incedere narrativo è assai lento, come il ripetersi ciclico della piatta vita di Saarul, nella superba interpretazione di Bayartsetseg Bayangerel, e segue l’evoluzione morale della ragazza che accompagna costantemente il proprio girovagare con la stimolante musica della band indie Magnolian, che ne definisce con precisione la generazione di appartenenza, quando percorre in solitudine serale le strade della gelida Ulan Bator a piedi e sui mezzi (molto bello il casuale duetto con Dulguun Bayasgalan sul bus mentre lei ascolta Primadonna).

Quell'evoluzione morale si affianca esteriormente ad una personale rivisitazione estetica che parte da un nuovo taglio di capelli. Saarul dimostra una costante curiosità, indaga sulla frastagliata vita della matrona, ne diventa amica e complice, prende coscienza che la vita le sta scorrendo addosso così come apprende quanto possa essere complessa la sfera sessuale su cui il suo corpo in trasformazione pretende spiegazioni. Ma, irritata dall’aver subito un tentativo di molestia, che Katya prova a giustificare, è anche pronta a dare alla donna una durissima lezione etica e a risvegliarla dal torpore conferitole dalla sua agiatezza.

Cosa ne sa della vita reale? Lei ha tutto! Non un problema al mondo! Nascosta nel suo angolino. Lo chiama vivere questo?” “La gente si alza ogni mattina e lavora per guadagnarsi da vivere. Si trascinano a casa la sera, esausti. Si siedono a tavola e mangiano lo stesso pasto tutti i giorni... sognano di andare in vacanza con la famiglia… e per un breve momento sono felici.” “Al mattino, si incolpano a vicenda per non essersi svegliati... riscaldano il pasto del giorno prima e ricominciano da capo.” “Questa è la loro vita. Non sono infelici... o insoddisfatti… o persone incomplete. Ma lei... È spaventata a morte che qualcuno scopra chi è lei veramente. Ha paura di ricominciare la sua vita.

A tratti il racconto della crescita di Saarul rasenta il comico, quando ad esempio la ragazza inizia a dispensare furtivamente pillole di viagra nel tè dei propri genitori o al cane dell’amico per scuoterli dalla propria indolenza abitudinaria. O quando, finita per caso in una retata di prostitute, pretende quasi ottusamente da una guardia la restituzione di un vibratore che le è stato sequestrato.

O infine quando falliscono miseramente sia il proprio tentativo di auto-stimolazione con pillola e fallo finto, che lascia delusa attaccato al finestrino di un bus, sia il primo approccio fisico col proprio amico, entrambi scoperti inaspettattamente dagli increduli genitori mentre stanno pulendo il soffitto. Occasione quest’ultima che è poi la chiave perché Saarul trovi la forza per dichiarar loro l’intenzione di abbandonare gli studi imposti a favore delle proprie inclinazioni che fino a poco prima dell'incontro con Katya non le era chiaro di voler assecondare.

Non mancano aspetti commoventi, più legati ai rimpianti di Katya, che, rivedendo ad esempio in una piccola venditrice la propria bimba tanto desiderata, le compra una busta enorme di funghi purché torni a casa dal padre.

La stessa Katya sparirà lasciando in regalo a Saarul il suo bene più prezioso, quel vinile dei Pink Floyd che odora di anni ’70 ma di cui la giovane sa ovviamente poco tranne che rappresenta un forte legame della donna con il proprio tempo.

Difficile capire se questo intrigante viaggio generazionale possa emergere, come tante altre chicche persesi nel tempo, al di fuori dei circuiti da festival e trovare una degna distribuzione anche in Italia. Di certo sarebbe opportuno avere un occhio di riguardo per il nuovo cinema della Mongolia: se queste sono le premesse, potrebbero essere in arrivo tante altre belle sorprese.

 

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