Regia di Giorgio Verdelli vedi scheda film
Un documentario per ripercorrere la vita e la carriera artistica di Lelio Luttazzi (1923-2010), prototipo dello showman televisivo completo: musicista jazz, compositore e autore di testi, intrattenitore, attore, incredibilmente dotato in ciascuno di questi ruoli.
Figura più mitologica che storica dello spettacolo italiano, Lelio Luttazzi non ha mai ricevuto il giusto riconoscimento pur essendo stato amato sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori e dai colleghi. Ben venga dunque questo lavoro del documentarista Giorgio Verdelli, già autore di analoghi progetti riguardanti Pino Daniele, Lucio Battisti, Paolo Conte e altri ancora. Un film che racconta, sì, la parabola esistenziale e artistica di Luttazzi, ma che spiega a dovere anche la natura del suo essere mitologia, cioè appartenere a una dimensione più fantastica che reale: ampio risalto nel corso della narrazione viene infatti dato alle vicende che, nel 1970, sconvolsero definitivamente la vita dello showman e la sua percezione presso il pubblico, causandone una sorta di ritiro anticipato dalle scene pressoché forzato. Tre settimane e mezza di carcere per un'accusa grossolana e fondata sul nulla – si parlava di droga – e una carriera stroncata all'apice: Luttazzi è stato suo malgrado un anticipatore di Enzo Tortora in tutto ciò, ma al di là di una doverosa reazione d'orgoglio alla conclusione di quella brutta faccenda il Nostro non riuscì mai a riprendersi del tutto e ad avere sufficienti motivazioni per tornare quello di prima, spensieratamente sotto ai riflettori. A parlare di Lelio Luttazzi intervengono qui, tra gli altri, Stefano Bollani, Pupi Avati, Riccardo Rossi, Rossana Casale, Fabio Fazio, Fiorello, Bobby Solo e Drusilla Foer, oltre alla moglie Rossanna e alla figlia Donatella. Tanti, come è giusto, i momenti musicali, con brani immortali del calibro di Legata ad uno scoglio, Una zebra a pois, El can de Trieste e ovviamente Souvenir d'Italie. 6/10.
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