Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Nanni Moretti torna al centro della scena nel suo ultimo film "Il Sol Dell'Avvenire" dove si mette
nei panni della controfigura di sè stesso, intento a realizzare un film sulla crisi che ha dovuto
affrontare il PCI durante le insurrezioni ungheresi. Raccontato tramite gli occhi del segretario di una
sottodivisione romana del partito, Ennio, pure redattore dell'Unità, e Vera, militante comunista che
insieme dovranno affrontare l'arrivo del circo Budavari da Budapest. Moretti quindi è nei panni del
regista di questo film dentro al film, e dovrà anche affrontare l'imminente divorzio, un cambiamento
apparentemente improvviso, ma dalla parte opposta premeditato da tempo; uno dei tanti
cambiamenti a cui dovrà affacciarsi. Decide di parlare di cinema con la formula del film dentro al
film, compiendo una sorta di ritorno alle origini, al suo cinema degli anni 70-80: riprende l'estrema
narrativa nevrotica di Palombella Rossa fino alla struttura ancora più frantumata di Sogni D'Oro,
riprende la sottile ironia provocatoria e politicamente impegnata che non mancava mai, e ritorna il
personaggio istrionico di sè stesso protagonista, facendo riferimento al suo storico Michele
Apicella. Questa volta è Giovanni, non usa più pseudonimi ma ci mette la faccia in questa crisi
esistenziale, che si trasforma in un film strettamente personale e autobiografico. Ma quel senso di
continua e stimolante sorpresa "poetica" che riusciva ad emergere dai suoi lunghi monologhi e
deliri, purtroppo qui viene completamente persa. Vuole impattare con un colpo sferrato gli spettatori
un po' più attenti che capiscono il suo linguaggio, per provocare uno o due sorrisi, una o due
lacrime. In Bianca prendeva la strada della narrativa fiction inventandosi un personaggio
psicopatico, una storia d'amore e un colpo di scena finale attraverso meccanismi più strutturati per
dare voce ai suoi viaggi mentali tramite scenette auto-conclusive. In questo ultimo film, procede per
gag che non riescono mai a intersecarsi tra loro. Tutto questo rende il film poco credibile, saltando
da un personaggio all'altro, confuso nei raccordi e nelle tempistiche. Vediamo Giovanni urlare, fare
smorfie e prendere in giro l'interlocutore, contrapponendo tutto ciò a parti più drammatiche,
servendosi della sottotrama della moglie e fallimentari sproloqui dove l'unica cosa che ne viene
fuori è che Nanni forse non è più al passo con i tempi. Grida di solitudine e infelicità sorde, frivole a
differenza del passato: sembra quasi assumere una posizione di stoica accettazione di quello che
non è mai cambiato e per cui ha sempre alzato la voce: emerge una triste e goffa rassegnazione.
Forse è alla ricerca di un nuovo "se stesso nel cinema" e la ricerca parte dalla base, da dentro, dal
passato?
Pedro Almodòvar nel 2019 esce con "Gloria y Dolor" che seppur i due registi adottino linguaggi
cinematografici completamente differenti, il tema dei film è pressochè lo stesso. In Almodòvar però
è sicuramente più chiaro il rapporto intimo che si ha con i ricordi, il passato che definisce la persona
in chiave freudiana. Mentre in Moretti ne viene più una sensazione di distaccamento, ricordi portati
sullo schermo solo per vanto o per mero esibizionismo, tramite la solita struttura narrativa
frammentata che in questo caso non riesce mai a cogliere l'anima dello spettatore. Almodòvar gioca
con passato e presente che vengono labilmente intervallati dall'evocazione proustiana del ricordo
tramite un oggetto o un avvenimento. Migliore è anche l'escamotage del film dentro al film, che
viene rivelato solo alla fine, ponendo così più importanza sull'atto di ricordare in sè che la banale
ricostruzione di essi per riviverli amaramente. Palesandosi solo nel finale, con un sublime inganno e
una sorta di colpo di scena che unisce i puntini, è molto più potente la redenzione del regista che
offre uno spunto di speranza: il regista afflitto mentalmente e fisicamente, tramite la ricerca di sè
stesso dentro sè stesso, ritrova la forza di riprendere in mano il lavoro e quindi la sua intera vita. In
Il Sol Dell'Avvenire tutto ciò non avviene risultando fine a sé stesso. Con la sbruffonaggine tra
l'altro di attaccare i nuovi giovani registi… probabilmente la scena più ridicola e straziante del film.
Una tiritera che sembra non finire mai, tiene in ostaggio la troupe per una notte intera e quando
finisce, viene completamente ignorato. Il giovane regista finisce la sua scena come l'aveva intesa fin
dall'inizio.
Una ricostruzione dei propri ricordi, un film che rimugina su sè stesso nella speranza di
riappropriarsi di quel passato glorioso. Solo che il tempo scorre per tutti e rimanere ancora attaccati
ai ricordi per forza di cose non porta a niente di nuovo. E infatti, questo Sol Dell'Avvenire, se non
lasciare un sorriso o un senso di conforto a chi queste citazioni può cogliere, a tutti gli altri non
riesce, non può e non vuole lasciare nulla.
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