La storia dei fratelli Frattasio che, negli anni '80, duplicarono 180 milioni di musicassette, diventando de facto la prima casa discografica d'Italia.
A quasi dieci anni da Smetto quando voglio, uno dei film più rappresentativi della generazione X, quella de "Siamo dei boomer ma senza il posto fisso" (cit. Velia Lalli), Sibilia fa un salto nel passato ma torna sullo stesso tema, ancora molto attuale:
se il denaro è l'unico generatore di valori, qualsiasi modo per procurarselo è, se non proprio lecito, tollerato (e anche ammirato). Fino a che non arriva il Super io a guastare la fiesta, as usual.
La sceneggiatura, un po' in lingua e un po' in napoletano, restituisce bene, con la consueta ironia, le gesta di questi scugnizzi che - quasi per gioco - si ritrovano a capo di una azienda di pirateria dal fatturato fantamiliardario. La storia tiene per tutto il film, senza momenti di stanca, merito anche del montaggio brillante di Gianni Vezzosi. Forse la parte più debole è nella scrittura dei personaggi femminili, un po' flebili e stereotipati.
Acuendo un po' lo sguardo, si può anche notare più di un occhiolino strizzato a I soliti ignoti, Totò Truffa e Guardie e Ladri.
Molto curata la ricostruzione della Napoli maradoniana, esaltata dalla luce cerulea di Valerio Azzali. Buona la prova dei tre giovani attori protagonisti, per lo più semisconosciuti; Fabrizio Gifuni torna come manager senza scrupoli, che ricorda non poco quello de Il Capitale umano di Virzì; spassoso Francesco Di Leva, nel ruolo - giustamente macchiettistico - di un ispettore Zenigata della guardia di finanza.
Non osiamo pensare quanto sia costata alla produzione la colonna sonora (perfetta!) con Eurythmics, Frankie Goes to Hollywood, Pointer Sisters etc.
Ma, immaginiamo, poco meno del capitale rappattumato dai fraudolenti fratellini partenopei.
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