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La montagna sacra

Regia di Alejandro Jodorowsky vedi scheda film

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La recensione su La montagna sacra

di Qualcunocheadorailcinema
9 stelle

Un ladro con fattezze da Gesù Cristo, dopo un incontro con un alchimista, si unisce a un gruppo di sette potenti individui per intraprendere un viaggio verso l'Isola del Loto, con l'obiettivo di raggiungere la Montagna Sacra e sconfiggere i nove saggi e ottenere il segreto dell'immortalità.

 

 

Alejandro Jodorowsky conduce lo spettatore in un trip psichedelico e simbolico che mescola alchimia, satira sociale, critica al consumismo borghese e provocazione visiva.

Ogni inquadratura di The Holy Mountain è un dipinto grottesco e allucinato, in cui il Ladro-Cristo affronta un percorso iniziatico che attraversa simboli antichi e moderni: dai tarocchi agli oggetti quotidiani carichi di significato, dai poteri mondani alle professioni trasformate in archetipi morali. Jodorowsky non si limita a raccontare una storia lineare: il suo cinema è un’esperienza sensoriale totale, dove la narrazione diventa un pretesto per esplorare la mente dello spettatore, scuotendo le certezze e aprendo a visioni oniriche e visionarie.

È un continuo sfidare costantemente le convenzioni del linguaggio cinematografico.

Le scene si susseguono con logiche quasi oniriche, apparentemente caotiche, ma rigorosamente costruite, come un mosaico di immagini simboliche che riflettono la pazzia, il desiderio di potere e l’illusorietà della realtà.

Jodorowsky utilizza la provocazione non per semplice shock, ma come mezzo per stimolare la riflessione, per svelare le ipocrisie sociali e per mettere a nudo i vizi e le ossessioni della società contemporanea. L’alchimia diventa metafora del cambiamento interiore, mentre il percorso iniziatico del protagonista, insieme a un gruppo di discepoli scelti tra gli archetipi umani più comuni, rappresenta la ricerca universale di senso, redenzione e trascendenza. La celebre ascesa verso la cima della montagna, che potrebbe sembrare il culmine narrativo della pellicola, si rivela invece essere un atto di rottura della quarta parete, una mossa che dissolve l’illusione cinematografica e invita lo spettatore a riflettere sul proprio ruolo, sulla propria percezione della realtà e sull’inganno dei codici culturali che ci governano.

Se non basta questo a definirlo capolavoro, allora che altro potrebbe farlo? The Holy Mountain non è solo un film: è un viaggio psichico e spirituale, un’opera d’arte totale, una provocazione continua che mette in discussione qualunque convenzione narrativa e visiva, costringendo chi guarda a confrontarsi con il surreale, il simbolico e l’insondabile, e lasciando un’impressione indelebile che persiste molto tempo dopo la visione.

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