Regia di Piero Chiambretti vedi scheda film
La macchina da presa vola sopra la città e la voce fuori campo, in prima persona, parla del protagonista. Il panorama che vediamo non è quello di Manhattan, ma quello di Torino, città di lamiera e di cioccolata, e il narratore non è Woody Allen. Più modestamente è Piero C., uomo di successo, conduttore televisivo di uno show di cui basta il titolo, “That’s amore”. Per non spiazzare chi guarda è proprio l’amore il rovello e il motore dei piccoli quadri nei quali è segmentato un soggetto esile e svogliato che non si azzarda a espandersi in una sceneggiatura: una donna abbandona un uomo e il poveretto si dispera, tra la capitale dell’automobile, Roma, Maratea e una gita ad Oristano. La geografia è inconsistente quanto le scenografie dal lusso presunto che amplificano la disastrosa sensazione di vuoto che aleggia su questo esordio di Chiambretti che annaspa davanti e dietro la cinepresa. Ci sono, come se un film fosse un fine settimana in una località alla moda o un sito di pettegolezzi, patetiche apparizioni di figure note a pochi e aspiranti figurine, complici di telepromozioni e di fervide attività pubblicitarie. Il “portalettere” sbaglia indirizzo e scambia un telegramma con la letterina sui sentimenti che vorrebbe consegnare. Allo spettatore non resta che rispedire il plico al mittente.
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