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Fascism on a Thread - The Strange Story of Nazisploitation Cinema

Regia di Naomi Holwill vedi scheda film

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La recensione su Fascism on a Thread - The Strange Story of Nazisploitation Cinema

di mm40
6 stelle

Nel corso degli anni Settanta il cinema di genere non solo italiano sperimentò un nuovo genere, piuttosto estremo: il nazisploitation, vale a dire l'exploitation (sesso, sangue, tabù, violenza a profusione) mescolato con il nazismo. Vediamo in questo documentario alcuni dei protagonisti di quell'epoca, registi, sceneggiatori e interpreti, che espongono i loro soggettivi ricordi dell'epoca del nazisploitation.


Non senza una buona dose di coraggio la narrazione di questo documentario fa risalire le origini del bieco genere definito nazisploitation (sesso, violenza e nazisti), abbastanza popolare negli anni Settanta, a Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, il che risulta proprio difficile da digerire, così come rimarrebbero da appurare i supposti contributi al filone da parte di Kapò (1960) di Gillo Pontecorvo. Sicuramente più a ragione si possono inserire tra i 'fratelli maggiori', invece, Il portiere di notte (1974) di Liliana Cavani e Salò (1975) di Pier Paolo Pasolini; ma al di là di qualche riferimento pretestuoso o di qualche titolo isolato, il nazisploitation rimane un fenomeno esclusivo del cinema di serie B (o quantomeno dalla B in giù) che poco ha a che fare con la Storia vera e propria e che sfocia piuttosto nettamente nell'intrattenimento macabro, tra brividi di piacere e di sofferenza. Unica eccezione a cavallo tra cinema d'autore e pellicola poveristica (di mezzi e di idee, in questo caso) è Salon Kitty (1976) di Tinto Brass, che adopera mestiere e budget per non dire in sostanza nulla di concreto, di morale, ma semplicemente per solleticare le fantasie più estreme del pubblico. Tutto nasce naturalmente dall'allentamento della censura che, qui si fa riferimento in particolare all'Italia, diede il via libera alla realizzazione di pellicole sempre più eccessive, sboccate, violente, sanguinarie e prossime alla pornografia; se a tutto ciò si aggiunge un bel set di divise delle SS, il gioco è fatto: il film oltraggioso è pronto a essere lanciato in sala, e gli appetiti perversi del pubblico sono a un passo dall'essere saziati. A discutere di tutto ciò sono chiamati in questo documentario, tra gli altri, Sergio Garrone, Mario Caiano, Rino Di Silvestro, la già citata Cavani, Italo Moscati e ancora Dyanne Thorne (attrice), Kim Newman e John Martin (critici). Fondamentale il punto di vista di Caiano, che suggerisce nell'ambiguità – nel non schierarsi mai apertamente dal punto di vista storico, né politico – il vero motore di questo tipo di pellicole. La regista Noemi Holwill è piuttosto attiva come documentarista, ma soprattutto come produttrice e montatrice – qui ricopre tutti e tre i ruoli. 6/10.

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