Regia di Michael Sarnoski vedi scheda film
Robin Feld (Cage, qui al suo consueto ruolo da maudit) è un ex cuoco stellato che, per ragioni mai del tutto chiarite ma chiaramente intrise di malinconia esistenziale, si è ritirato in una capanna tra i boschi dell’Oregon con la sola compagnia del suo maiale da tartufo. Quando un manipolo di balordi glielo porta via su commissione, Rob si rimette in moto per riaverlo, richiamando a sé, una tantum, il proprio antico talento.
Il film di Michael Sarnoski, venduto con un’aria da thriller, è in realtà un giallo esistenziale dalla lentezza esasperante (nonostante l’ora e mezza), che dissemina riferimenti lasciati in sospeso – i combattimenti clandestini, la vedovanza, il rapporto con il mandante – come briciole di pane mai raccolte. L’esordiente regista sembra più interessato ad accreditarsi una patente da cinema d’essai che a costruire un racconto coerente. Eppure, tra i difetti di ritmo e certe scelte arbitrarie (l’infiltrazione nel fight club serve più a insanguinare il volto di Cage che a far avanzare la trama), emergono momenti di inaspettata sincerità: Cage, sottraendosi ai tic urlati che lo hanno reso un’icona-meme, offre una prova crepuscolare e trattenuta, da figura quasi cristologica, capace di far intuire un uomo che ha perso la pace e non è certo di volerla ritrovare. Nel piatto, il film dell’esordiente regista del Milwaukee serve una riflessione sul valore delle cose (e delle persone) per cui vale la pena vivere, ma con una presentazione che alterna blande intuizioni poetiche a scelte registiche frettolose o pretenziose.
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