Regia di Marco Tagliabue vedi scheda film
Un bel documentario sulla 'ndrangheta, in particolare sul fenomeno più recente, e meno studiato, del suo radicamento al nord, che le prove dimostrano essere sempre più vincente e radicato.
Breve, poco meno di un'ora, ma sembra lunghissimo: non perchè annoi, ma perchè è assai denso. Lo è soprattutto per la felice riuscita dell'intensità emotiva dei fatti raccontati, che hanno il loro apice nel pentimento del mafioso. Gradevole, specie per la fotografia, è la resa filmica degli episodi della vita di questo Antonio Zagari, che integrano la ricostruzione documentaristica. Significativa la restituzione della realtà quotdiana dell'alto milanese. La colonna sonora indulge nell'accostare la musica classica a questi temi, ma senza essere ciò assurdo.
Il pregio sta nella denuncia dell'orrore esistenziale cui conduce inevitabilmente la scelta di viver da delinquente. Il protagonista, pieno di tic e disturbi psichici, ammette di non poter vivere più bene: il sospetto di essere denunciato da gente perbene, o tradito, o di dover pagare anche per un minimo sgarro ai colleghi criminali, rendono la vita invivibile. E non è possibile alternativa, nè tornare indietro, una volta scelto di imboccare quella strada.
Un buon film, per nulla noto, di impegno civile, del brianzolo Tagliabue.
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