Regia di Tsai Ming-liang vedi scheda film
Solitudini ed epidermidi. Contatti e distanze. Piani fissi che si accumulano, si addensano sotto un cielo graffiato dalle luci al neon, in una attrazione di eventi che fanno penetrare le immagini nel vuoto della realtà, fluida-statica, quasi esente dall’invasione della parola - Spazi chiusi, strade lucide, ambienti naturali, rumori metropolitani, il ritmico tamburellare della pioggia, curve nella notte, camere di albergo - Il dolore, da qualche parte dietro lo sguardo, una malattia, la panacea di una cura, l’attesa - Un incontro improvviso - Un cinema dilatato, una concezione espansa del tempo che diventa la forma del racconto, in quei segmenti filmici in cui può accadere qualunque cosa oppure nulla, rimaniamo sospesi ad osservare, come in uno stato meditativo, i respiri che si allungano (allo stesso modo delle sequenze senza tagli), fino a perdere la percezione di noi stessi e dei nostri pensieri - Giorni che scorrono e due personaggi al loro interno, porzioni di esistenze lontane, corpi che scivolano, tra piacere e abbandono, la macchina a mano che segue come per errore qualcuno fra la folla, andando poi fuori fuoco, quasi un’incursione involontaria nella fretta e nel caos del mondo, a cui il silenzio e l’introspezione non appartengono - Un attimo di smarrimento prima di ritornare in disparte, in quello che accade dentro di noi, lontano dagli occhi degli altri e proprio per questo in un posto segreto accanto al nostro cuore.
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