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Il cappotto

Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film

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21thcentury schizoid man

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il cappotto

di 21thcentury schizoid man
8 stelle

Un umile impiegato comunale residente a Pavia, Carmine De Carmine, è costretto quotidianamente a fare i conti sia con i suoi superiori, che lo vessano di continuo, sia con i propri colleghi, che non perdono occasione per deriderlo. Un bel giorno l’uomo scopre che il suo cappotto ha un buco; da quel momento, sentendosi enormemente imbarazzato dal fatto di essere costretto ad andare in giro con un abito ridotto in quelle condizioni, egli non desidera altro che farsene uno nuovo, ma il modesto stipendio che percepisce come dipendente municipale gli impedisce di soddisfare il suo sogno. Carmine, tuttavia, non si dà per vinto e grazie ai risparmi di una vita e a un inaspettato ma gradito premio - consistente in una piccola somma di denaro - ricevuto proprio sul lavoro riesce a permettersi un paltò nuovo di zecca. Una volta comprato l’ambito indumento, Carmine lo indossa per mostrarlo orgoglioso agli altri. L’acquisto del cappotto, per lui, rappresenta una sorta di piccola rivincita nei confronti di tutti coloro che si erano sempre divertiti a prenderlo in giro.

La sua riscossa, però, è destinata ad essere effimera: una sera, dopo aver partecipato ad una festa tenutasi in casa del sindaco, durante la quale, come al solito, non ha mancato di farsi notare, l’uomo viene aggredito da un ladro che gli ruba proprio l’agognato cappotto. Il dolore e l’amarezza che gli deriveranno dalla perdita del prezioso vestito saranno così forti che Carmine non sarà più in grado di riprendersi.

Da un racconto di Gogol’, sceneggiato da Luigi Malerba e Cesare Zavattini, Alberto Lattuada realizza un film notevole. Con una messa in scena elegante, e con un tono sapientemente in bilico tra il tragico e il grottesco, “Il cappotto” racconta la storia di un poveraccio, Carmine De Carmine, alle prese con una realtà sconsolante che lo schiaccia inesorabilmente, fino a farlo sentire un essere inutile. E così un vestito, in questo caso un cappotto, diviene per il protagonista il simbolo di un riscatto sociale, che egli riesce a raggiungere solo dopo aver compiuto enormi sacrifici economici; ma il suo sarà un riscatto fugace, a causa di un destino beffardo che renderà vani tutti gli sforzi che egli ha compiuto per cercare di elevarsi dalla grigia realtà quotidiana. A Lattuada riesce molto bene la descrizione della squallida esistenza che conduce Carmine, umiliato tanto sul lavoro quanto nella difficile vita di tutti i giorni. Ottima l’idea di ambientare la storia nella “grigia” Pavia, le cui suggestive ma soffocanti brume contribuiscono ad acuire lo squallore in cui è costretto a vivere lo sfortunato Carmine, interpretato da un sorprendente Renato Rascel, attore solitamente comico che qui invece si cala perfettamente in un ruolo tragico, rivelando così insospettabili doti drammatiche.

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