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Quattro buone giornate

Regia di Rodrigo Garcia vedi scheda film

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La recensione su Quattro buone giornate

di Letiv88
6 stelle

Una storia intensa e credibile, sorretta da due grandi interpretazioni, ma nel complesso abbastanza ordinaria.

locandina

Quattro buone giornate (2020): locandina

Quattro buone giornate (2020) è un dramma intimo, asciutto, che si concentra su una battaglia quotidiana: non contro un nemico esterno, ma contro sé stessi e le proprie fragilità. Diretto da Rodrigo García, il film, distribuito esclusivamente in streaming e non disponibile in home video sul mercato italiano, è ispirato a una vicenda realmente accaduta e racconta la tossicodipendenza senza enfasi e senza moralismi, puntando tutto sulla relazione madre-figlia.

Molly (Mila Kunis), tossicodipendente distrutta da anni di ricadute, torna a bussare alla porta della madre Deb (Glenn Close). Ha bisogno di aiuto, ancora una volta. La madre, stanca di promesse infrante, la accoglie con freddezza, ma accetta di starle vicino in un passaggio cruciale: Molly deve riuscire a rimanere pulita per quattro giorni consecutivi, l’unico modo per poter iniziare una terapia farmacologica che potrebbe salvarla. Questo arco di tempo diventa un percorso di scontri, ricordi dolorosi e piccoli momenti di speranza.

Rodrigo García firma un film sobrio. La sua macchina da presa resta sempre vicina ai volti, raccontando la disperazione e i tentativi di riscatto in modo intimo e calibrato, quasi documentaristico. Non cerca mai lo shock, ma la verità nelle crepe di una relazione logorata.

Scritta a quattro mani da García e dal giornalista Eli Saslow, la sceneggiatura è costruita come un conto alla rovescia. Ogni giornata diventa una tappa, un banco di prova in cui tensione e fragilità emergono con naturalezza. I dialoghi sono asciutti, mai sopra le righe, e restituiscono il conflitto tra speranza e sfiducia senza ricorrere a forzature melodrammatiche. L’attenzione è tutta rivolta ai personaggi e al loro spazio emotivo, più che a colpi di scena. Il film è ispirato a un articolo pubblicato da Saslow sul Washington Post nel 2016: How’s Amanda? A Story of Truth, Lies and an American Addiction. La vicenda era quella di Amanda Wendler e di sua madre Libby Alexander, impegnate in una lotta disperata contro la dipendenza dall’eroina. García e Saslow hanno preso spunto da quella storia, cambiando nomi e situazioni, ma mantenendo intatto lo spirito: mostrare la cruda realtà di una battaglia quotidiana, dove ogni piccolo traguardo è una conquista fragile e mai definitiva.

Mila Kunis offre un’interpretazione intensa e credibile, completamente immersa nel ruolo di una donna logorata dalla tossicodipendenza. La sua trasformazione fisica è evidente: il volto segnato, lo sguardo stanco e il corpo ridotto trasmettono con immediatezza la fragilità e la vulnerabilità di Molly, rendendo la sua sofferenza tangibile senza mai scadere nel patetico. Kunis riesce a rendere credibile ogni momento di tensione, ogni ricaduta e ogni piccolo tentativo di riscatto, conferendo al personaggio una profondità rara nel cinema contemporaneo.

Glenn Close, al fianco di Kunis, è l’asse emotivo del film. La sua interpretazione è misurata ma potente: con pochi gesti e uno sguardo carico di dolore e amore, incarna la madre ferita, stanca ma incapace di abbandonare la figlia. La chimica tra le due attrici è naturale, senza mai cadere in eccessi melodrammatici, e il loro duetto restituisce in maniera intensa e realistica la complessità di un rapporto madre-figlia segnato da sofferenza e speranza.

La colonna sonora del film ha ricevuto una menzione importante: la canzone “Somehow You Do”, scritta da Diane Warren e interpretata da Reba McEntire, è stata candidata all’Oscar come Miglior Canzone Originale durante la 94ª edizione degli Academy Awards. Il brano riflette perfettamente il tema centrale del film, tra resilienza e speranza in un contesto di sofferenza familiare.

Quattro buone giornate non è un film innovativo, ma è sincero e doloroso. Rodrigo García gira con uno stile essenziale, senza retorica né facili melodrammi, scegliendo di restare ancorato alla realtà quotidiana della dipendenza. Sorretto da due attrici in stato di grazia, il film non indulge mai, e proprio nella sua semplicità riesce a restituire la durezza di una lotta che si misura giorno per giorno, anche solo per quattro giorni.

 

 

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