Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Tutto sommato l’idea di dipingere un personaggio il cui lavoro sovrasta la vita privata non era neanche una grande novità nel cinema degli anni ’70. Diciamo che il ritratto del detctive / poliziotto / agente privato senza una vita famigliare o che trova una sorta di ragione di vita esclusivamente nel proprio mestiere aveva avuto varie declinazioni negli anni, anzi faceva parte del “pacchetto” inserire sempre un protagonista sull’orlo del divorzio o con delle relazioni estremamente frugali. Tanto per fare qualche titolo Inchiesta pericolosa, Bullit o lo stesso Hackman ne Il braccio violento della legge. Tuttavia Coppola costruisce una sorta di noir che decostruisce ulteriormente il protagonista, l’esperto di intercettazioni Harry Caul, facendone una sorta di reietto che, a fronte dei propri timori e delle proprie paranoie si è isolato dal mondo esterno: in alcune sequenze, che probabilmente nella versione italiana erano state tagliate, lo vediamo sospettare terribilmente quando una sua “amante” inizia a chiedergli delle informazioni banali sul proprio lavoro e su dove abita, meravigliosa anche la sequenza in cui interroga la propria padrona di casa per capire come abbia acquisito delle informazioni su di lui e come possa aver avuto accesso al suo appartamento. Il personaggio è reso ancor più complesso da un sentimento profondamente religioso che fa scaturire un senso di colpa sempre più emergente per il lavoro che svolge. Tuttavia l’aspetto registico più interessante è l’inizialmente criptica evoluzione della missione a cui è dedicato Caul. Con un ritmo estremamente lento e con delle digressioni che a volte fanno tentennare circa la vera finalità della vicenda, scopriamo insieme al protagonista il contenuto di una registrazione che come evidenzia il suo collega Stan (il sempre eccellente John Cazale), sembra di una noia mortale. Ma Harry, il cui lavoro già una volta ha procurato la morte di 3 persone, è convinto che la registrazione finirà per portare qualcuno allo stesso destino. Difatti il committente della registrazione, l’innominato e potentissimo direttore (interpretato in una ruolo di pochissimi minuti da Robert Duvall, non accreditato) così come il suo inquietante vice Martin Stett, appare una persona pericolosa e che può utilizzare quei nastri per vendicarsi della propria moglie e dell’amante di lei e basta infatti una frase all’interno di questa “conversazione” per convincere Harry che avverrà un fatto violento. Rifugiandosi nella fede e nella confessione Harry si apre solo con un sacerdote a cui ammette le proprie paure: questo elemento fa riflettere ulteriormente su un contesto di totale sfiducia verso il prossimo tant’è che l’unica persona apparentemente comprensibile nei confronti del protagonista (una ragazza ad un party) in realtà è stata mandata appositamente per sedurlo e sottrarre i nastri che Harry era tentato di distruggere. Questo clima di costante sospetto è un riferimento (come lo è nei dialoghi) ad un periodo travagliato per le istituzioni statunitensi: lo scandalo Watergate aveva scandalizzato ma anche amareggiato tanti e il cinema non ne fu indifferente, difatti le tracce di quella vicenda si percepiscono in tante pellicole con un acuirsi della sfiducia nei confronti dei pilastri che su cui si fondavano gli USA. Coppola pone un’attenzione magistrale alla parte tecnica con un sovrapporsi di suoi, fruscii, vibrazioni tipiche di una registrazione audio che va via via a ripulirsi. Tuttavia la ricerca della verità fa sprofondare sempre più Harry nel senso di colpa e nella paranoia, con sequenze che alternano ciò che accade davvero e quanto Harry crede di vedere, si assiste dunque ad un colpo di scena ove apprendiamo che la moglie del direttore, vittima designata secondo Harry, è in realtà incolume ed anzi è il marito ad essere perito in un incidente. Tuttavia questo epilogo non è liberatorio, anzi Harry scopre infine di essere sotto sorveglianza arrivando dunque a sentirsi sconfitto nella sua paura più recondita, ossia di essere controllato e spiato arrivando a distruggere pezzo per pezzo il proprio appartamento in cerca di una microspia. Fallendo. Lontano dunque dai ritmi e dalle produzioni sontuose, Coppola si fece apprezzare di nuovo (dopo il travolgente successo de Il padrino) per la realizzazione di uno dei suoi film più incisivi e che lo hanno contraddistinto nel decennio più florido della sua carriera. Anzi, così come altri registi, Coppola ha rappresentato una generazione che ha avuto la sua “golden age” proprio in un decennio di sensibile distacco dalla storia precedente, ma che non han avuto un’evoluzione altrettanto fulgida in quelli successivi. Altrettanto emblematica l’interpretazione di Hackman, già consacrato agli Oscar l’anno precedente, e consueta eccellente prova di John Cazale in uno dei suoi personaggi che sembrano recitare in “sottrazione”, ma non per questo meno riusciti. Unica nota, ma coerente con lo stile del film, un ritmo appunto che sembra spesso indugiare su sequenze tutto sommato gestibili in modo più snello, ma diciamo che questo può essere una nota di ulteriore libertà registica, tipica soprattutto per le produzioni di natura più “sperimentale”.
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