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Sussurri e grida

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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La recensione su Sussurri e grida

di steno79
10 stelle

"Sussurri e grida" è un film da camera con tre figure femminili disposte intorno a una quarta agonizzante. Film sulla morte e sulla difficoltà dei rapporti fra gli esseri umani, riassume molte fra le costanti tematiche e stilistiche di Bergman portandole a un livello di incandescenza espressiva e di intensità lancinante. Una sinfonia in Rosso Maggiore dolorosa ma aperta alla speranza, in cui la bellezza formale (straordinaria fotografia a colori di Sven Nykvist premiata con l'Oscar) si sposa a una costruzione drammaturgica perfetta nella sceneggiatura firmata dal regista, costruita in maniera geometrica sul numero quattro. Le attrici sono tutte magistrali, ma una lode particolare va alla recitazione di Harriet Andersson nel ruolo della morente Agnese, veramente straziante nelle scene di dolore fisico che precedono la sua dipartita; notevoli anche i contributi di Ingrid Thulin come Karin, ruolo che si ricollega a quello interpretato dalla stessa attrice ne Il silenzio, e di Liv Ullmann come Maria, la sorella più frivola e sensuale (c'è perfino un bacio in bocca nella scena della riconciliazione delle due sorelle, da non interpretare però in maniera volgarmente sessuale). Il racconto è scandito da quattro flashback incorniciati da dissolvenze rosse; nell'ultimo flashback, che in realtà è più una fantasia mentale della governante, vi è una resurrezione della morta, come in Ordet di Dreyer, e Bergman ricorre a un'atmosfera onirica e allucinata per penetrare ancor più a fondo nelle viscere dell'anima dei suoi personaggi (qualcuno azzardò perfino un paragone con "L'esorcista", uscito più o meno nello stesso periodo, anche se il film di Bergman non ha contenuti di genere, mantenendosi nell'ambito di un dramma esistenziale dove, per una volta, Bergman sembra aperto alla possibilità della trascendenza e della vita dopo la morte). La portata simbolica del colore rosso scuro, di cui Bergman si è servito a livello scenografico negli interni della villa di famiglia per rappresentare quello che lui vede come "l'interno dell'anima", è certamente affascinante e per nulla scontata. Sapiente utilizzo della musica classica di Bach e rigoroso controllo di ogni dettaglio della realizzazione, come nelle opere dei veri artisti. Nel complesso, una delle sue opere più compiute e memorabili e uno dei vertici del cinema europeo degli anni Settanta. Straordinaria la sequenza in cui la Thulin si mutila a sangue e poi si imbratta il viso di rosso, che conferma la tendenza di Bergman a inserire nelle proprie opere momenti di melodramma estremo che aprono significative finestre sul dolore e la devastazione spirituale dei propri personaggi, come questa donna soggetta a un matrimonio infelice. Oltre alle tre muse abituali ed icone del suo cinema, da notare la presenza di Kari Sylwan che è inedita nella filmografia di Bergman e a cui è riservata una delle immagini più potenti, quella in cui la governante tiene Agnese come nella Pietà, mentre anche stavolta gli uomini hanno poco spazio e risultano presenze scialbe e indifferenti.

Voto 10/10

 

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