Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Prendendo spunto da quella massima fordiana ne L’uomo che uccise Liberty Valance verrebbe da dire: “qui siamo nel west. Dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”. Ebbene anche guardando Ultimo tango a Parigi si ha l’impressione di un film sicuramente coraggioso a suo tempo e che assolutamente oggi avrebbe le stesse se non maggiori difficoltà in termini di produzione, realizzazione e distribuzione. Dall’altra parte però diventa difficile evitare di constatare dei clichè ormai invecchiati, delle sequenza figlie del loro tempo e in un certo senso un’epica quasi autocelebrativa soprattutto nella figura di Marlon Brando, sicuramente coraggiosissimo nell’uscire completamente dai canoni della star hollywoodiana e mettersi a nudo (in tutti i sensi), ma al contempo un po’ prigioniero in questa pellicola che sembra cercare di dare un tono epico ad ogni sequenza, anche la più sordida. Indubbio che l’effetto “scandalo” di questo film abbia ancor più ampliato la propria nomea facendolo assurgere tra i massimi capolavori del regista e della cinematografia. Meravigliosa la fotografia, dalla carrellata iniziale che va ad inquadrare uno smarrito Marlon Brando a tutte le sequenze di interni, senza dimenticare un’ambientazione parigina proprio ai vertici del suo fascino tra protagonisti maledetti, artisti e atmosfere care al regista . Maria Schneider riesce a trasmettere una sensualità strepitosa con dei costumi che ne esaltano le caratteristiche e con un mix di innocenza e malizia eccezionali. Notevole altresì la capacità di Bertolucci che nell’ultima parte del film evidenzia un senso di autodistruzione, in partiolare del personaggio di Brando, ormai incapace di sottrarsi ad un destino nefasto. Da notare inoltre che Brando si cimentò in questo ruolo, tra i più emblematici della sua carriera, proprio nello stesso anno in cui diede vita ad un altro personaggio destinato ad entrare nella storia, quello di Don Vito Corleone, protagonista de Il padrino.
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