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The Lighthouse

Regia di Robert Eggers vedi scheda film

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La recensione su The Lighthouse

di Qualcunocheadorailcinema
6 stelle

L'accanirsi del maltempo costringe i due guardiani del faro di un'isola sperduta ad una convivenza forzata che porta in superficie demoni personali, timori ancestrali e nuove, tormentate pulsioni, in un crescendo di pazzia e claustrofobia.

 

 

 

Un’opera sicuramente visionaria che evoca, con una claustrofobia quasi kubrickiana, le atmosfere disturbanti di "Shining", pur restando saldamente ancorata alla sensibilità autoriale di Robert Eggers. Girato in un bianco e nero denso di simbolismo, dal contrasto netto e opprimente, The Lighthouse è un film che non si limita a raccontare una storia, ma costruisce un’esperienza sensoriale e psicologica in cui lo spettatore viene progressivamente inghiottito. L’uso dell’aspect ratio 1.19:1, quasi soffocante, amplifica la sensazione di isolamento e restringe lo spazio vitale dei personaggi, trasformando il faro e l’isola in una prigione a cielo aperto, flagellata da vento, pioggia e urla di gabbiani.

 

Eggers mette in scena un microcosmo di isolamento, delirio e pazzia, in cui le interpretazioni magistrali di Robert Pattinson e Willem Dafoe si intrecciano in un duello psicologico carico di ossessioni primordiali, rancori sotterranei e desideri repressi. La loro interazione è un continuo alternarsi di complicità e diffidenza, cameratismo e odio viscerale, che si alimenta del ritmo monotono e ossessivo delle giornate e della misteriosa attrazione verso la luce proibita del faro.

 

Il regista gioca con il mito e la leggenda marinaresca, infondendo la narrazione di echi lovecraftiani, simboli mitologici e inquietudini arcaiche. La fotografia, curata in ogni dettaglio, sembra voler scolpire la pazzia nei volti dei protagonisti, mentre il sonoro – fatto di lamenti del vento, scricchiolii, clangori metallici e del cupo ruggito della sirena del faro – diventa una costante minaccia sensoriale. The Lighthouse è, in definitiva, un’opera ambigua e profondamente inquietante, capace di fondere il dramma psicologico con l’incubo metafisico, lasciando lo spettatore sospeso tra il reale e l’allucinatorio, in un vortice di immagini e suoni che rimangono impressi ben oltre la visione.

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