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Gli ingannati

Regia di Tewfik Salah vedi scheda film

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La recensione su Gli ingannati

di Baliverna
9 stelle

Alle volte è meglio restare a casa propria, magari in povertà e tanti in poco spazio, piuttosto che fantasticare di emigrare nel "paradiso" Kuwait.

Non avevo mai visto prima un film né siriano né irakeno. Questo deve essere uno dei più noti dal punto di vista artistico, tanto che è stato lodevolmente recuperato e restaurato con buoni risultati.

Pare che l'azione della pellicola abbia inizio in Palestina o in Libano, almeno a giudicare dallo stillicidio dell'espansionismo israeliano e l'incessante guerriglia ad opera della popolazione autoctona. Essa è vessata e schiacciata, e le difficili condizioni economiche fanno il resto. Pertanto si presenta l'idea di emigrare in Kuwait, piccola Svizzera del Medio Oriente di allora, e forse di oggi. Solo che bisogna affidarsi a trafficanti senza scrupoli, o ad altri personaggi di piccolo calibro, forse non spietati come i primi, ma dotati di mezzi minimi e animati da ambigue motivazioni. Proprio come il camionista dell'autocisterna, insomma, al quale si affida il raccogliticcio gruppo di clandestini che vuole tentare la fortuna in quel piccolo paese del Golfo.

Il dramma della colonizzazione israeliana a spese della popolazione locale rimane in sottofondo, senza comparire mai in primo piano; ciò avviene tramite piccole sequenze, ricordi dei protagonisti, e i riferimenti della voce narrante. Cionondimeno, questa realtà non perde nulla della sua forza.

Viene poi presentata la realtà sociale e familiare in cui vivono i personaggi, l'una e l'altra costellate dalla sofferenza. Il ragazzo, ad esempio, ha appena subito il dramma dello sfascio della propria famiglia: il padre ha piantato moglie e figli per andarsene da un'altra donna ricca, dicendo che “ha dovuto”. In generale, la gente tira a campare in casupole povere e piccole, dove spesso si dorme insieme in uno stanzone e si riesce a mangiare quanto basta. Tuttavia, l'emigrazione clandestina come via per tuffarsi in un futuro incerto non è di certo una vera via d'uscita. C'è chi non arriva a destinazione, e chi invece, arrivatoci, poi si dimentica della propria famiglia d'origine e smette di mandare le rimesse di denaro dopo un po'.

La pellicola è molto ben girata e recitata. Alcune sequenze sono addirittura poetiche e ricordano certe dei primi film di Pasolini, specie “Accattone” (chissà se il regista l'aveva visto?). Gli attori – come nei citati film italiani – sono non professionisti, ma il regista sa farli recitare in modo convincente, anche se rimangono privi delle movenze tipiche degli attori scafati. La parte del viaggio attraverso il deserto, poi, è tesa e impressionante, mentre un presentimento negativo aleggia su tutta quella rischiosa avventura.

Quanto al titolo (Gli Ingannati), esso pare riferirsi al fatto che i protagonisti vengono ingannati non dal trafficante, ma dalle proprie stesse aspettative, desideri e progetti. Il camionista non è cinico e spietato come lo sono altri, ma pure lui ha certi impeti di egoismo che finiscono per avere conseguenze pesanti. Come sarebbero andate le cose, ad esempio, se avesse dato l'acqua da bere ai clandestini, al posto di versarsela addosso per rinfrescarsi?

Il regista conduce il film con mano ferma, senso dei tempi, inquadrature ben scelte, e una piacevole essenzialità. Lo stile e la tecnica non sono dissimili a quelli dei film europei a cui siamo abituati. L'unico appunto che mi sento di fargli è l'aver fatto un uso troppo disinvolto, nella prima metà dell'opera, della frammentazione temporale e dell'intersecarsi di passato, presente, e l'attenzione su personaggi diversi. Questo metodo non ha di per sé nulla di male, ma bisogna stare attenti a non eccedere con i salti temporali e le ellissi, perché così lo spettatore fa fatica a seguire certi passaggi.

Precisato questo, lo definirei una pellicola di alto livello che è interessante conoscere per il suo provenire da un mondo a noi poco conosciuto in generale, figuriamoci quanto alla sua produzione cinematografica.

Ogni tanto fa bene ampliare i propri orizzonti al di là dei film ai quali siamo abituati.

 

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