Regia di Stanley Kramer vedi scheda film
Nel 1964, dopo che un’esplosione atomica ha distrutto quasi tutto il pianeta, i pochi superstiti si trovano in Australia. Con loro, un ammiraglio americano (Peck) scampato alla morte con il suo equipaggio perché impegnato in un’immersione. Mentre i sopravvissuti si baloccano nell’attesa di chissà quale futuro possibile, l’ammiraglio parte con uno scienziato (Astaire, al suo primo ruolo drammatico) e un marinaio (Perkins) alla ricerca di altre forme di vita sulla terra.
Tratto dal romanzo On the Beach di Nevil Shute, L’ultima spiaggia è un anomalo film fantascientifico al quale sembra stare più a cuore la perentorietà del messaggio che non la pazienza dello spettatore, costretto a sorbirsi per più di due ore un pasticcio di storie intrecciate alla bell’e meglio che – su un registro costantemente piatto – non vanno al di là di una rappresentazione spettrale di una città deserta, quasi un’anticipazione involontaria dei lockdown pandemici. Certo, non manca una parvenza di umanesimo di fondo (la scelta consapevole di come concludere la propria esistenza, l’amore senza sbocchi tra Peck e Gardner), ma il tutto è impacchettato con una retorica hollywoodiana che oggi suona datata, quando non ridondante. La regia di Kramer si affida alla fotografia in bianco e nero di Rotunno e Fapp per conferire un po’ di solennità al monito ecologista e atomico. Ma il risultato complessivo – per quanto sincero nelle intenzioni – scivola più verso il polpettone pomposo che non verso il capolavoro distopico. Senza dubbio uno dei peggiori film di Stanley Kramer. E anche uno dei più seriosi, suo malgrado.
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