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Amanti perduti

Regia di Marcel Carné vedi scheda film

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La recensione su Amanti perduti

di Cinefil09
9 stelle

 

Introduzione

Amanti perduti (Les Enfants du Paradis), capolavoro di Marcel Carné realizzato durante l'occupazione nazista e uscito nel 1945, è un monumento del cinema francese, una summa del realismo poetico che trasforma il teatro popolare in una metafora universale sull’amore e l’arte. Con una troupe leggendaria (sceneggiatura di Jacques Prévert, musica di Joseph Kosma, direzione della fotografia di Roger Hubert) e un cast stellare (Arletty, Jean-Louis Barrault, Pierre Brasseur), il film dipinge un affresco umano di rara complessità, sospeso tra sogno e realtà, passione e rinuncia.

Trama (senza spoiler)

Nella Parigi romantica del Boulevard du Crime, dove teatri e vita si mescolano, quattro uomini inseguono l’amore della misteriosa Garance (Arletty): Baptiste (Barrault), mimo geniale e timido; Frédérick (Brasseur), attore spavaldo e seducente; Lacenaire (Marcel Herrand), criminale cinico; e il conte Édouard (Louis Salou), uomo ricco e possessivo. Attraverso tradimenti, rivalità e incontri mancati, le loro storie si intrecciano in un destino che sembra scritto dalla malinconia, mentre Garance, figura quasi mitologica, diventa il simbolo di un desiderio sempre irraggiungibile.

Analisi

Amanti perduti è un’opera di sublime equilibrio tra grandiosità epica e intimismo psicologico. Carné e Prévert costruiscono un mondo in cui ogni personaggio incarna un diverso rapporto con l’amore e l’arte: Baptiste lo sublima nel teatro, Frédérick lo svuota nella finzione, Lacenaire lo disprezza come debolezza, Édouard lo possiede come merce. Arletty, con la sua bellezza enigmatica, è il centro magnetico di questo universo, una donna che sfugge a ogni definizione, libera eppure vittima della sua stessa libertà. La fotografia di Hubert trasforma i set (ricostruiti in studio a causa della guerra) in un luogo magico, tra luci di palcoscenico e ombre malinconiche, mentre la musica di Kosma accompagna i momenti più lirici senza cadere nel melodramma.

Se un limite esiste, è forse nella lunghezza (oltre tre ore) e in qualche concessione alla teatralità, ma sono dettagli che scompaiono di fronte alla profondità dei temi e alla potenza delle interpretazioni. La scena del “balletto dei pickpocket” e quella finale, con Baptiste che insegue Garance tra la folla del carnevale, sono passaggi di cinema assoluto, dove vita e recitazione, realtà e finzione, si confondono irrevocabilmente.

Conclusione

Considerato da molti il più grande film francese di sempre, Amanti perduti è un’opera che trascende il suo contesto storico per parlare all’eterno: dell’amore come illusione necessaria, dell’arte come rifugio e prigione, della vita come rappresentazione in cui tutti recitiamo una parte. Carné e Prévert hanno creato non un semplice dramma romantico, ma una meditazione sulla natura stessa del desiderio, dove il vero “paradiso” (il pubblico popolare a cui allude il titolo) è forse solo la capacità di continuare a sognare nonostante le delusioni.

 

"L’amore è come il teatro: lo viviamo davvero solo quando accettiamo che sia, in fondo, una magnifica illusione."

 

Amanti perduti - Film (1945) - MYmovies.it

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